Tifiamo Rivolta

La Resistenza Tedesca

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Elpidio Valdes
CAT_IMG Posted on 1/3/2009, 01:52




Riporto in questo topic alcuni interventi presi dal forum uaar.it sull' antinazismo in Germania, (grazie a nostalgico per la segnalazione del link):




Devo questo scritto a lady anche se ho poco tempo per approfondire e quindi certamente lo riprenderò più avanti.

Widerstand, la resistenza al nazismo in germania ha visto passare nelle galere prima, nei campi di concentramento poi e quindi per il boia circa un milione di persone...ma nonostante questo l'opposizione tedesca al nazismo é stata praticamente cancellata dalla storiografia resistenzialista, condizionata dall'influenza occidentale da una parte e dai regimi filo russi dall'altra. Al contrario é stata diffusa l'idea che tutto il popolo tedesco si sia identificato col nazismo. Il perché questo sia accaduto é chiaro a chi possiede una coscienza internazionalista.

In Italia l'unico contributo non politico alla chiarezza, in questo senso, sta negli atti di un convegno organizzato nel 1987 dal Goethe Institut di Roma e dall'Università LaSapienza, dove Jens Petersen, vicedirettore dell'Istituto Storico germanico di Roma fino al 1999, lamenta proprio la "netta chiusura e quasi rigetto del Widerstand in tutta la sinistra italiana antifascista". Anche nel resto d'Europa comunque le pubblicazioni in tal senso sono poche (ma non mancano).
Nella ricostruzione storica dei vincitori é data per acquisita la pressoché totale adesione dei tedeschi al nazismo riconoscendo al massimo qualche complotto militare per assassinare il Fuhrer e dando cenno dei movimenti cattolici di opposizione. Insomma secondo questa ricostruzione postbellica l'opposizione tedesca al nazismo fu sostanzialmente di tipo cospirativo.Questo a livello mondiale.
In terra germanica invece due diverse sfumature: la germania federale sottolineava la cospirazione borghese e cattolica e in parte di SPD, mentre quella tedesco-orientale attribuiva la resistenza alla sola KPD stalinista, ignorando del tutto lo sbandamento e gli esiti scissionisti che si verificarono nel KPD alle prime voci di accordo tra Hitler e Stalin (patto molotov-ribbentrop) approvato dalla direzione estera del KPD.
In sintesi, della Widerstand non se parla proprio in europa mentre in germania viene totalmente deformata e cambiata di identità.

Oggi grazie alla caduta dello stalinismo e delle condizioni geopolitiche che sostenevano i patti tra stalin e le potenze che hanno sconfitto la germania il velo comincia a cadere. Lo storico Hans-Rainer Sandvoss, ad esempio, ha scritto recentemente un saggio sulla resistenza operaia a Berlino e sulle attività illegali presenti in germania, nel quale si contesta aspramente la tesi di una Berlino completamente asservita al nazismo e di sfatare i miti delle due storie ufficiali. Sandvoss, che é uno storico dell'istituto tedesco sulla Widerstand, per spiegare le deformazioni della storiografia post-bellica ed il silenzio generale sulla resistenza tedesca é costretto, pur non appartenendo ad ambienti comunisti, ad addentrarsi in quello che accadde nei rapporti politici di quel mondo negli anni che vanno dal 1928 al 1945, scoprendo che il distacco del Leninbund dal KPD a causa della sua crescende stalinizzazione (del KPD) é la matrice su cui si é poi consumato l'intero oscuramento del fenomeno resistenziale tedesco.

Berlino é la roccaforte del Leninbund, guidato da Urbahns, le sue strutture sono presenti in tutti i quartieri operai, vengono diffusi giornali clandestini con i cui introiti si provvede al sostentamento dell'organizzazione (secondo il modello leninista di sempre), i frequenti sbandamenti provocati dalla politica russa e da come i gruppi riuscivano ad interpretarla portarono a confusione strategica di cui il nazismo fin dal '33 approfittò per tagliare più volte la testa della classe dirigente. L'avvento del nazismo fu letale per Urbahns che é costretto a fuggire in Svezia, ma cercando da lì di tenere collegati i fuoriusciti con la resistenza tedesca interna...non riuscì mai a tornare in Germania e l'Urss già nel '45 chiede più volte a Stoccolma la sua estradizione in quanto "nemico della patria socilaista". Questo primo dirigente del leninbund muore nel 1946, ma tutti gli altri dirigento sono spazzati via dalla controrivoluzione nazista e stalinista.
Tra il '33 ed il '36 vi furono almeno 5 processi a carico della resistenza del Leninbund , per Sandvoss i documenti del processo del 1936 sono preziosi "perché rendono possibile un colpo d'occhio sul lavoro illegale del Leninbund".

Ma a Berlino operava anche la SAPD, una scissione internazionalista dal KPD a causa della stalinizzazione. Secondo lo storico Hanno Drechsler, nello studio intitolato appundo "Die Sozialistische Arbeiterpartei Deutschland" la Sapd era una della parti più attive del movimento operaio di resistenza in Germania ed anche uno dei più decimati, in particolare a Berlino. Tra il '34 ed il '39 subisce centinaia di arresti e 13 processi, per lo più ad esito mortale, i sopravissuti in galera subiscono terribili torture, )0 fucilazioni della classe dirigente di Berlino, non poco per un'organizzazione che contava nel '36 solo 1300 membri attivi. Decine di attivisti SAPD rimangono comunque attivi a berlino nonostante la decimazione della classe dirigennte sino al 1945, presidiando Siemens, AEG e la BVG.

Molti tedeschi della SAPD si aggiunsero ai resistenti di tutta europa (Spagna compresa), é di questa organizzazione Hans Schmidt che entrò nelle formazioni partigiane di reggio Emilia e fu fucilato, insieme ad altri suoi compagni che operavano clandestinamente nella Wehrmacht, dai nazisti a causa di una spiata. Del passaggio di tanti tedeschi Sapd nelle fila della resistenza italiana (non quella stalinista) si parla in un testo di Roberto Battaglia negli anni '60, mai pubblicato in italiano, solo in tedesco.

Una nota a parte va fatta per il KPD, certo l'organizzazione numericamente più forte ed organizzata, ma la sua area organizzata raggiunge il livello più basso nel 1936 in concomitanza con i "processi di Mosca" e le "purghe": tra il 1935 ed il 1937 la Gestapo smantella l'organizzazione KPD di berlino con un ondata di 2000 arresti e più di 1300 condanne, molte a morte. Nel '38 i dirigenti sopravissuti tentano di riorganizzare la rete clandestina e l'operaio Robert Uhrig (1903-1944) tira le file di quella che divenna la più grossa organizzazione di resistenza tedecsa nelle fabbriche. Le notizie che arrivano sul patto segreto Ribbentrop-Molotov (approvato dalla direzione all'estero del KPD) provocano però un vero shock tra i membri del KPD clandestino: l'apparato sbanda, le attività del gruppo Uhrig si riducono a ripetuti incontri con la direzione estera del partito...senza direzione molti sono gli arrestati, tra cui lo stesso Uhric hce verrà poi giustiziato. Nell'inverno del 43-44 si forma un'altra direzione guidata da Saefkow (dopo 6 anni di carcere) ilquale però mantiene le distanze dalla direzione estera del partito e crotica la strategia del Komintern e la linea ufficlae del partito. Non lo dice GFM, ma lo storico del KPD Hermann Weber, oltre che appunto Sandvoss: "i dirigenti del KPD di berlino assumono un ruolo sempre più autonomno, tanto che non li si può certo definire diretti dall'estero o esecutori degli ordini di Mosca".
Saefkow si attiva per collegare anche la resistenza che si é scoperto esistere anche in altre coittà tedesche (Lipsia, Magdeburgo, Amburgo...persino Dresda) e tutta questa attività più scoperta viene seguita dalla gestapo che alla fine del '44 opererà centinaia di arresti, con 90 giustiziati tra cui lo stesso Saefkow.
Come ha scritto Casella in un suo articolo "la classe operaia tedesca, rimasta mutilita di una sua strategia autonoma ha potuto oppore al nazismo solo la sua volontà e la sua capacità di lavoro organizzato, subendone le tragiche conseguenze". Con la beffa della rimozione della sua eroica esperienza dalla storiografia ufficiale.

Ora uno potrà chiedersi come mai il nazismo riuscì ad annientare la resistenza tedesca, sopratutto quella operaia, al punto di mettere al silenzio la sua storia per decenni. La cosa la si può comprendere se si considera che negli uffici di polizia erano presenti le schedature di tutti i dirigenti comunisti avvenuta alla fine del tentativo spartachista ad opera proprio della SPD, questo ha certamente aiutato i nazisti.

In Italia le uniche pubblicazioni e documentazioni sulla realtà della Widerstand sono state realizzate dalle componenti internazionaliste, le quali però almeno fino a qualche anno fa non avevano udienza presso la cultura e lo storicismo ufficiali (poi c'é chi si stupisce del fatto che noi non partecipaiamo alla retorica del 25 aprile). Negli anni '80 diversi studi di Roberto Casella si sono interessati del fenomeno resistenziale tedesco, una della pagine più nobili della resistenza europea.

Nel 1974, in piena retorica resistenziale italiana antitedesca, un gruppo di giovani internazionalisti di Genova dedicherà al comunista e resistente tedesco Seiffer una lapide nel museo permanente della resistenza allestito nella Casa dello Studente (luogo in cui diversi resistenti italiani furono torturati dai nazi-fascisti), fu un modo per riunificare a quella italiana simbolicamente la resistenza tedesca con tutto il suo valore.
Di Rudolf Seiffert, operaio tedesco fucilato dai nazisti nel '44, certamente bisognerà riparlare.

Secondo l'indagine storica sul KPD di Hermann Weber ("Deutesche Kommunisten" Dietz, Berlino 2004) dei 300 mila membri del 1932 ben 150 mila sono stati arrestati almeno una volta sino al '45 e 20 mila sono uccisi (2mila subito dei primi due anni del nazismo al potere grazie alle schedature dette). Su circa 1400 persone che facevano parte del gruppo dirigente del KPD 400 sono uccisi in varie circostanze: 222 dai nazisti e 178 dagli stalinisti, mentre dei 59 ex membri dell'ufficio politico, sei sono uccisi dai nazisti e otto dallo stalinismo.

Alla fine del 1933 50 campi di concentramento erano già operanti in germania soitto il controllo dele SA e delle SS con circa 50 mila detenuti tedeschi.
G.Sandoz, che ha scritto nell'80 un testo in Francia sulla resistenza dei tedeschi (tentando inutilmente di strappare il velo del resistenzialismo antitedesco), ha scritto che all'inizio della guerra nei campi di concentramento vi erano uffialmente 400.000 detenuti politici tedeschi (G.S. "Ces Allemandes qui ont defié Hitler" Ed. Pygmalion G. Wateled. 1980).
J. Nobencourt in un articolo si Le Monde del 21 luglio 1964 scrive che i tedeschi che sono passati per i campi di concentramento sono circa 1 milone. Cifra confermata da diversi altri ricercatori (se increduli vi do i nomi).

C'é un'altra nazione europea (esclusa la Spagna per via del suo tentativo rivoluzionario del '36), una qualunque delle più resistenziali, che ha avuto tante vittime quanto la germania per l'opposizione al fascismo e al nazismo ? Vi sembra poco UN MILIONE?
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GFM






Conosco bene la Germania e la sua storia, essendo bilingue IT/D ed avendo frequentato la scuola tedesca di Roma. Collaboro con l'ambasciata germanica a Roma, essendo inscritto nella lista dei medici bilingui (puoi controllare sul sito dell'ambasciata), dunque non credo di essere "a digiuno" di storia tedesca. Non conosco nessuno che ami più di me la cultura tedesca e, pur non essendo uno studioso di germanistica e dunque un esperto di mestiere, penso di essere sufficientemente equanime nel valutare ciò che é stata l'esperienza nazionalsocialista per i tedeschi e gli europei in generale.
Quando parlo di responsabilità collettiva, non intendo die - ovviamente - che tutti i tedeschi siano stati responsabili, ma che moltissimi fra loro sapevano e non hanno fatto/detto nulla o quasi per opporsi al regime di Adolf Hitler.
Come attenuante, va detto che in D la GESTAPO é stata molto più dura dell'OVRA in ITA.
La resistenza interna é stata stroncata con la forza nel breve volgere di mesi.
Se da noi si rischiava il confino o la galera, da loro si finiva davanti al boia per "reati" di opinione quasi insignificanti.
Ma, ripeto, esistette una forma diffusa di consenso passivo al sistema, fatta soprattutto di pancia piena, lavoro sicuro, relativo benessere, indifferenza.
La responsabilità storica del nazionalsocialismo coinvolge in verità anche la Chiesa Cattolica ed il suo secolare antisemitismo, così come pure l'atteggiamento di F e GB, troppo severe con i tedeschi al termine di una guerra mondiale (la prima) che non fu persa militarmente dalla D.
Crollò il fronte interno, invece, assieme all'economia ed i francesi commisero l'errore di pretendere le clausole di Versailles.
Le responsabilità di F e GB, fra l'altro furono anche alla base dei motivi che scatenarono la prima guerra mondiale: il capitalismo tedesco scelse la guerra in quanto braccato nel suo sviluppo dal capitalismo di F e GB, per la prima volta alleate fra loro e coalizzate in chiave anti-tedesca.
Mi rendo conto di essermi troppo allontanato dall'oggetto della ns discussione, ma credo di aver comunque reso il concetto.
Che poi la resistenza interna in Germania sia stata ignorata o negata in nome di un interesse internazionale geopolitico condiviso dai vincitori é altro discorso.


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Claudio De Luca




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Mi scuso per il ritardo di quest’intervento, ma ero preso dalle altre discussioni in corso, oltre che da impegni personali.

Quello della resistenza antifascista in Germania durante il regime hitleriano è un argomento che merita di essere diffuso e discusso.
Per quanto mi riguarda, non ho mai ignorato che vi sia stato, in varie forme e con esiti diversi, un movimento di lotta contro il regime hitleriano ed i suoi crimini, nato in aree diverse e con diversi obiettivi.
Mi spiazza un po’ che se ne parli come se la sua esistenza fosse stata occultata o che sia stato ridotto al gruppo della Rosa Bianca , al Circolo di Kreisau od al complotto degli ufficiali che compirono l’attentato del 1944, laddove il più ampio fronte di resistenza si sviluppò nel movimento operaio e nelle organizzazioni di sinistra.

Al contempo, trovo alquanto bizzarro che, dopo tanto parlare di internazionalismo, si finisca per svolgere, di fatto, un discorso in senso nazionalista, scindendo, facendo paragoni e , di fatto, contrapponendo la resistenza italiana quella tedesca
“in Italia, che per tutta la retorica resistenzialista del dopoguerra sembrava essere stata la patria della resistenza, l'opposizione all'orrore nazista e fascista é infinitesimale rispetto a quella tedesca” (“Giorno della memoria” Gfm 29/1 3:28am)
“In quale memoria collettiva si sa che in germania ci fu la più grande resistenza al nazismo d'europa, sopratutto fatta da comunisti?” (“Giorno della memoria”, Gfm 29/1 10:02am)
“IO insisto, la resistenza tedesca é stata molto più significativa di quella italiana!” (“Pagina nascosta…” Gfm, 18/5 8:36pm)
“Tra l'altro é un'opposizione che é cominciata da subito, non ha aspettato che la propria nazione perdesse la guerra per manifestarsi o di vedere il nemico in fuga.” (“Pagina nascosta…”, Gfm 18/5 8:36pm).

A mio avviso, la Resistenza fu una, fu antifascista, fu di tutta l’Europa e non solo, come quella dei volontari contro Franco, in Spagna (nelle “staliniste” Brigate Internazionali, a difendere la Repubblica, vi furono diversi gruppi e combattenti di estrazione e idee diverse, inclusi statunitensi, nella “Brigata Lincoln”, canadesi, credo anche australiani, eccetera).

La vittoria sul fascismo fu quindi di tutti: italiani, tedeschi, francesi, polacchi, jugoslavi (l’esercito multietnico di Tito), olandesi, rumeni, greci, albanesi e di tutti coloro che, in qualche modo, si opposero ai fascisti, al potere nel loro paese , come i Germania ed Italia, o che l’avevano invaso, come in Jugoslavia, Francia, Belgio, eccetera. Qualche distinguo si potrebbe fare, ad esempio, per i nazionalisti polacchi o slavi (i monarchici serbi del colonnello Dragoljub Mihailovic, avversarii e nemici dell’ Armata Popolare di Liberazione Jugoslava di Tito), come per gli stessi partigiani “azzurri” protagonisti dei romanzi di Fenoglio, ma non è questo il centro del discorso.

Non riesco a fare distinzioni fra essi, parlando di lotta contro il fascismo, dato anche, come è noto, che antifascisti combatterono come partigiani in paesi diversi da quelli da cui provenivano (italiani in Francia e Jugoslavia, almeno un migliaio di tedeschi in Francia, russi in Polonia, eccetera).

Anche questo discorso sull’occultamento della Wiederstand ad opera di Usa e Urss uniti, ai fini del mantenimento della Germania in posizione subordinata, dopo la guerra, per evitare che essa si sviluppasse come potenza egemone, mi sembra esagerata. E’, comunque, uno dei temi cari a Cervetto (“Alle origini della questione tedesca”, in Lotta Comunista n.139, marzo 1982).

Non si deve equivocare: vi fu un’opposizione al nazismo, in Germania, e i suoi protagonisti furono perseguitati, incarcerati, uccisi e deportati, ma è anche vero che non si ebbe una lotta armata, come intendiamo quella italiana. Quando si afferma che non vi fu una “Resistenza”, credo s’intenda questo, non certo che non vi furono oppositori del regime.

La Germania, semidistrutta, ebbe appoggi ed aiuti, fu ricostruita e si sviluppò a livello economico, industriale, politico, eccetera, ad Occidente, così come la Ddr fu la punta di diamante del Patto di Varsavia, a livello tecnologico ed economico e, soprattutto, sociale e culturale.
Non credo ci fosse bisogno di incolpare tutti i tedeschi, per controllare lo sviluppo politico ed economico della Germania, né mi pare che sia avvenuta quest’opera di demonizzazione dell’intera nazione. Certo, molti russi, polacchi, ma anche italiani, nutrono sentimenti antitedeschi, perché, per ignoranza o per subire ancora il trauma degli anni della guerra ed occupazione nazista, sono portati ad identificare tedeschi e nazisti.

Non occorre che, come già Interessato, Claudio De Luca, Vininche, eccetera, hanno fatto, ricordi che i tedeschi, in qualche modo, abbiano “fatto i conti” con il loro passato, al contrario di coloro che oggi come ieri, parlano di “italiani brava gente”, “italiani che salvarono gli ebrei”, “il solo errore di Mussolini fu di allearsi con Hitler”, per cui poi si arriva a dire “però ha fatto la bonifica pontina”, “i treni arrivavano in orario”, eccetera.

Al di là di questo, è noto, ad esempio, che Eric Honecker, militante comunista, fu arrestato nel 1935 (a 23 anni), e rimase in carcere fino alla caduta del nazismo, così come Wilhelem Pieck, già fondatore della Lega Spartachista, poi del Kpd che fuggì in Urss e fu segretario del partito in esilio e Segretario Generale del Comintern, dal 1938 al 1943, o Erich Mielke, poi fondatore della Stasi e ministro della sicurezza della Ddr.

In “Giorno della Memoria”, Lady Godiva ha inviato almeno tre interessanti interventi, riportanti brani e dati sull’opposizione al nazismo, il 28/1 10:39pm e 10:45pm ed il 29/1 12:06am.
Nell’ordine:
28/1 10:39pm: 800.000 tedeschi imprigionati e/o deportati, di essi 350.000 uccisi nei lager;
28/1 10:45pm: 5000 tedeschi volontari in Spagna, la gran parte militanti del Kpd (infatti furono organizzati nei battaglioni intitolati a Thaelmann e ad André, comunista belga, iscritto al Kpd, processato ed ucciso dai nazisti); di essi duemila morirono;
29/1 12:06am: nel 1934 socialdemocratici fuggiti a Praga avviarono una campagna per la lotta antinazista; nel 1936, a Parigi, 118 tra artisti, scienziati, studiosi tedeschi, fuggiti a Parigi, promossero manifestazioni e raccolte di firme per la liberazione di Karl von Ossietzki, intellettuale pacifista, nobel per la pace, poi morto nei lager, Karl von Mierendorff, parlamentare socialdemocratico, Ernst Thaelmann, segretario del Kpd (che morirà a Buchenwald); un testo del 1933 già riportava di 133 parlamentari costretti alla fuga e di 311 arrestati (45 almeno furono poi uccisi nel 1944).

Bene, da dove Lady Godiva prende queste informazioni, delle quali Gfm la ringrazia, senza contestare affatto la sua fonte?
Dal sito del Centro Studi della Resistenza, ovvero l’ANPI, la stalinista e patriottica Associazione Nazionale Partigiani Italiani, il simbolo dell’antifascismo frontepopulista e nazionalista che lui tanto critica, e, di conseguenza, di quella propaganda che, insieme agli altri settori della borghesia italiana, europea ed americana,secondo lui avrebbe diffuso il mito della “Germania tutta cattiva”, dei “tedeschi tutti nazisti”, per impedirne lo sviluppo e il potere, dopo il 1945.

L’Anpi, che ha come simbolo un rettangolo diviso in due, con in alto la scritta in oro su fondo azzurro e in basso la bandiera italiana tra due bandiere rosse, pubblica “Patria Indipendente”, periodico sulla storia della resistenza e la lotta antifascista.
Nel numero del 21 gennaio 2007, un articolo di Gabriella Rabottini, “L’opposizione antinazista sotto il regime di Hitler”, ha come occhiello “Molti tedeschi si batterono fino alla morte” e per sommario “I giovani della “Rosa Bianca” e i combattenti dell’Orchestra Rossa”.
Su quest’ultima, curiosamente ignorata da Gfm, così come ha omesso perfino di nominare Ernst Thaelmann, si tornerà poi.
Peraltro, l’articolo (si tratta di quattro pagine, non è un saggio storico) non si limita al Kpd filosovietico ed alla Rote Kapelle, ma chiarisce:
“Molti furono i gruppi minori vicini al partito comunista. Fra questi quello capeggiato dall’operaio berlinese Robert Uhrig che nel 1938 organizzò un nucleo di lavoratori estendendo l’attività in tutto l’ambiente operaio berlinese e anche in altre città. Il gruppo di Beppo Roemer, in contatto con quello di Uhrig, chiuse la sua storia con il bilancio di un centinaio di impiccagioni. L’organizzazione operaia guidata da Georg Lechleiter, con base a Mannheim, sede di importanti industrie belliche, diffuse la propaganda antinazista attraverso il giornale illegale “Der Vorbote” (Il Presagio); i suoi principali esponenti furono giustiziati il 15 settmbre 1942.
Uno dei gruppi più combattivi operava ad Amburgo, città di tradizione proletaria, guidato dagli operai Baestlein, Jacob e Abshagen, usciti tutti e tre dal campo di concentramento di Sachsenhausen; oltre all’attività di propaganda il gruppo tentò di costituire un apparato militare: l’orgaizzazione era in contatto con la Rote Kapelle e con un altro gruppo berlinese guidato da Anton Saefkow, che aveva raccolto nella sua organizzazione i superstiti del gruppo di Uhrig. L’intero gruppo fu annientato, i tre principali esponenti furono giustiziati il 18 settembre del 1944 mentre altre centinaia di condanne testimoniano l’estensione della rete clandestina da essi creata.
Un gruppo singolare fu quello composto da giovani ebrei, che raccoglieva anche molti lavoratori delle fabbriche Siemens, guidato dal costruttore Herbert Baum; nel 1942 organizzò addirittura un attentato appiccando il fuoco a un padiglione di propaganda antisovietica; il gruppo fu distrutto, Baum morì sotto tortura e altri 22 componenti durono giustiziati…”.
Questo un articolo dei nazionalisti stalinisti dell’Anpi…

Cos’è? Troppo recente? Come a dire che solo ora si inizi a scrivere e diffondere dati sull’antifascismo fuori dell’Italia e, specificamente, in Germania?
Vediamo.
Nel 1961, sulla “Rivista Storica del Socialismo”, Enzo Collotti scrisse “Per una storia dell’opposizione antinazista in Germania”, poi base del suo “La Germania nazista”, (Einaudi 1962).
Al 1965 risale la prima edizione che ho trovato di “La resistenza in Europa” (Franco Di Tondo, edizioni Loescher), mentre almeno del 1973 è il testo di Enzo Santarelli “Il nazifascismo in Europa e la resistenza” (D’Anna).
Oltre al celebre “Lettere di condannati a morte della resistenza italiana”, nel 1954 l’Einaudi aveva pubblicato “Lettere di condannati a morte della resistenza europea”.La prefazione era stata scritta proprio dal tedesco Thomas Mann: non credo fosse una buona idea, se davvero si volesse negare l’opposizione al nazismo in Germania.
Nella biblioteca della storica sezione del Pci di Via Castelforte a Roma, infine, ricordo di aver sfogliato (parlo del 1986) un vecchio libro sui partigiani di altre nazioni che combatterono in Italia, includente dati, tabelle, eccetera. Fra essi, polacchi, francesi, tedeschi.

Pertanto, ritengo si possa dire che non sia affatto vero che la sinistra italiana abbia voluto propagandare l’immagine di una Germania tutta cattiva e di un popolo tedesco completamente asservito e sostenitore del regime.
E’innegabile che l’opposizione fosse più difficile in Germania, ove, obiettivamete, il fascismo fu da subito più aggressivo e repressivo che in Italia, paese in cui, ad esempio, per alcuni anni una rivista come “Solaria” riuscì a sopravvivere e in cui moderate forme di fronda (“Il Bargello”) poterono svilupparsi.
Gli storici definiscono infatti il fascismo italiano come “totalitarismo imperfetto”.

In Germania, invece, non vi fu tolleranza per alcuna forma di dissenso. Già in “Giorno della memoria”, Lady Godiva scriveva di conoscenti dei suoi genitori arrestati solo per aver ascoltato Radio Londra (29/1 1:43pm).

Questo, dall’altro lato, serve anche ad analizzare e “ridimensionare” i dati forniti circa arrestati e deportati come oppositori, come fa acutamente notare Rispettoso nel suo intervento del 19/5 9:11am.
La cifra di un milione di deportati tedeschi che Gfm riporta (18/5 5:37pm), citando un articolo del 1964 pubblicato su Le Monde è certo notevole, ma non penso che vi sia alcuno del forum che voglia dubitarne, per quanto lui si premuri di aggiungere “Cifra confermata da diversi altri ricercatori (se increduli vi do i nomi)”.

Effettivamente, sarebbe da chiarire se questo milione di deportati si riferisca ai soli oppositori politici od includa, piuttosto, tutti i tedeschi internati nei lager, quindi anche ebrei, testimoni di Geova, zingari, omosessuali, malati mentali, criminali comuni, eccetera.
Guther Weissembron parla invece di 700.000 tedeschi imprigionati o deportati, sul sito dell’area della Sinistra Comunista
“primomaggiointernazionalista”.

In ogni caso, bisogna tener presente che la Germania nel 1933 aveva circa 65 milioni di abitanti (la maggior popolazione del continente, dopo la Russia europea), dopo le annessioni giunse a 87 milioni, mentre l’Italia, alla stessa epoca contava circa 40 milioni di persone. Tutti i dati vanno quindi considerati anche in proporzione a questo. Inoltre va ricordato come la Germania avesse già uno sviluppo industriale superiore a quello italiano, il tentativo rivoluzionario del 1919 fosse ancora vivo nel ricordo dei comunisti tedeschi, eccetera, il Kpd contasse molti militanti, eccetera.

Come mai, però, l’insistere che l’opposizione al fascismo i Germania sia stata maggiore di quella italiana, considerata addirittura “infinitesimale”?
L’idea è che il problema stia proprio nel fatto che l’opposizione antifascista in Italia (ma in Germania non fu poi diverso, come vedremo), fu opera principalmente dell’allora PCd’I, ovvero il partito comunista fedele alla linea del Comintern , ovvero all’Unione Sovietica.
Gfm addirittura scrive, nella citazione che ho riportato, che l’opposizione in Italia “ha aspettato che la propria nazione perdesse la guerra per manifestarsi o di vedere il nemico in fuga”, dimenticando, di fatto, la morte di Matteotti, nel 1924, l’imprigionamento di Gramsci (che, altrove, cercava invece di “arruolare” tra gli “internazionalisti”), l’uccisione di Amendolae dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, i molti comunisti ed altri antifascisti arrestati, uccisi, costretti alla fuga, gli intellettuali e scrittori di cui ho fatto un breve elenco nella parte di un mio intervento in “25 aprile…”, quella inviata il 31/5 alle 5:21am.

I partigiani, come abbiamo visto, erano dei venduti alla borghesia, mossi da ragioni “patriottiche “ e “nazionaliste”, scagnozzi di Togliatti, tagliagole stalinisti, autori di “massacri” come quello di Schio.
Su quest’ultimo ho già scritto in “25 aprile”, il 31/5 4:57am, in risposta alla sua narrazione del 25/5 9:06pm, la quale, dal tono e dai dettagli (di cui non ho trovato conferma altrove), sembrava presa da un sito neofascista, ma di cui poi ha invece dichiarato di essere l’autore e sulla quale poi tornerò in “Lotta comunista ed altro”, dato che lui ha ripreso il discorso.

Assassini di rivoluzionari e massacratori di civili, i partigiani italiani, nonché vigliacchi, perché a suo dire, avrebbero aspettato il crollo del regime, per iniziare ad agire, peraltro costituendo comunque una opposizione al fascismo “infinitesimale”, rispetto a quella tedesca.

Curioso, fra l’altro, come quando Gfm si riferisca a quest’ultima, ogni attività di propaganda, organizzazione, resistenza concreta contro il nazismo in Germania venga considerata resistenza, mentre le analoghe attività in Italia, vengano di fatto negate, nell’affermare appunto che gli antifascisti italiani abbiano atteso la sconfitta in guerra o di vedere il nemico in fuga: in realtà, mi pareva che la resistenza armata fosse iniziata proprio nel 1943, con la caduta del regime e l’inizio dell’occupazione da parte dell’esercito tedesco (ooops,meglio scrivere chiaramente “nazista”, per non passare da nazionalista…) e non certo quando il nemico fosse stato in fuga.

Al contrario, gli antifascisti tedeschi non vengono considerati vigliacchi (è questo il senso) per non atteso il crollo o almeno la crisi del regime nazista per prendere le armi, cosa che, come era logico, comunque non avvenne.
Due pesi e due misure, insomma.

In effetti, l’elemento principale della resistenza antifascista, durante il regime e nella guerra civile, furono il Pci e le Brigate Garibaldi, nelle quali i militanti comunisti erano inquadrati.
Certo, non furono i soli comunisti/stalinisti a combattere contro i nazifascisti (il patto ufficiale di unità antifascista fra Pcd’I, Psi e Gl, fu suggellato nel 1941, a Tolosa), come ho scritto più volte, e non è certo solo ai partigiani, bensì anche alle forze angloamericane, che l’Italia fu liberata dal nazifascismo.

Tuttavia, Wikipedia, discutibile per molti aspetti, ma abbastanza affidabile quando riporti dati e numeri precisi, alla voce “Brigata partigiana”, fornisce queste informazioni, riferendosi all’aprile 1945 (ogni brigata contava circa 250-300 partigiani):
46 brigate Garibaldi (Pci), di cui erano anche parte i Gap e le Sap, che spesso agivano nelle città, con sabotaggi, assalti, attentati, azioni di guerriglia urbana;
33 brigate Giustizia e Libertà (Partito d’Azione);
12 brigate Matteotti (Psi);
4 brigate Fiamme Verdi (Dc);
15 brigate autonome, fra cui cinque brigate “Osoppo”, in Friuli (di area laica, liberale, cattolica, democristiana, eccetera).
Inoltre, soldati dell’esercito, dopo l’8 settembre, all’estero, combatterono anch’essi contro i nazifascisti. Si ebbe pertanto la Divisione “Italia” in Jugoslavia, la Brigata “Garibaldi” in Montenegro e la Brigata “Gramsci” in Albania. Almeno sulle posizioni politiche dell’ultima, non dovrebbero esservi molti dubbi.

Vanno poi aggiunti i Gruppi di Difesa della Donna, comunisti, che organizzeranno donne partigiane (costituiranno anche delle Sap femminili), e che, dopo la guerra, costituiranno l’ Unione Donne Italiane, ed il Fronte della Gioventù, inizialmente creato da Giancarlo Pajetta e Luigi Longo, nel 1943 e che contò circa 12000 aderenti.
Da non confondersi con l’organizzazione neofascista che anni dopo ne riprese il nome (così come il titolo del giornale “Ordine Nuovo” divenne nome del gruppo di Pino Rauti), esso organizzava i giovani antifascisti di varie tendenze, ma fu principalmente costituito da comunisti, uno dei suoi principali dirigenti ed organizzatori fu Eugenio Curiel, fisico, ricercatore, importante dirigente comunista, già confinato a Ventotene, poi vittima delle leggi razziali, in quanto ebreo. Venne infine ucciso dai repubblichini nel febbraio del 1945, grazie ad un delatore che lo riconobbe in strada.
Il Fronte della Gioventù svolse attività in sostegno dei partigiani, organizzazione, reclutamento, approvvigionamento, oltre che attività di vigilanza, difesa, eccetera. Dopo la guerra, le divisioni politiche al suo interno ne causarono la fine.

Sempre su Wikipedia (ripeto, fonte non sempre attendibile, comunque indicativa, ricca di riferimenti ed indicazioni per altri siti), si hanno voci sulla resistenza francese, tedesca, eccetera, sulla lotta partigiana in Italia, eccetera.
Altre informazioni i abbondanza sono sul www.anpi.it, www.ombremosse.it/espansionedimemoria e su www.resistenzaitaliana.it.

Da quest’ultimo traggo questo brano:
“Nell'autunno-inverno del 1943, le "prime bande" partigiane raccoglievano circa 10mila persone, che già nella primavera dell'anno successivo diventavano 30mila per essere, all'inizio dell'estate, 70-80mila e raggiungere poi, nei primi mesi del 1945, la cifra di 120-130mila persone. I nuclei di combattenti partigiani formavano una sorta di esercito, organizzato e strutturato, disciplinato e, almeno in parte, politicizzato.
Secondo i calcoli il 40-50% dei partigiani apparteneva alle formazioni comuniste (Brigate Garibaldi), un altro 30% era legato al partito d'azione (Brigate di Giustizia e Libertà) ed il resto era diviso tra socialisti e cattolici. C'erano infine le formazioni monarchiche che si dichiaravano apolitiche e facevano riferimento al maresciallo Badoglio. La guerra partigiana fu lacerante, durissima, continuamente segnata da feroci rappresaglie ed eccidi nazi-fascisti. Nella lotta di liberazione caddero oltre 30mila partigiani e 10mila civili inermi. 40mila persone vennero deportate nei campi di sterminio tedeschi, oltre ai 700mila militari italiani internati dopo l'8 settembre perché si rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò.”

Inoltre, da esso si hanno i dati (ripresi da www.storiaxxisecolo.it) sui morti della guerra civile (quindi escludendo gli oppositori del fascismo morti prima dell’otto settembre) . Si indicano 185639 combattenti partigiani, di cui 28870 uccisi, 20726 mutilati ed invalidi, 117518 “patrioti” (immagino staffette, messaggeri, collaboratori, autori di sabotaggi, procacciatori di viveri, persone che sostennero, nascosero ed aiutarono in qualche modo i partigiani), 14150 civili caduti, 4530 mutilati ed invalidi.
Su www.intermarx.com , nella sezione “Revisionismo storico”, c’è, fra gli altri, un interessantissimo scritto a firma di Marco Rossi, “Ricerca storica contro il revisionismo. Il caso di Codevigo” (luogo dove si disse avvenne una “strage di civili” ad opera della 28° brigata Garibaldi, quella comandata da Arrigo Boldrini, il “comandante Bulow”: leggete e poi decidete voi).

___________________

Nostalgico



(Fonte UAAR forum)

http://www.uaar.it/forum/viewtopic.php?t=2160&highlight=

Edited by Elpidio Valdes - 1/3/2009, 02:16
 
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Elpidio Valdes
CAT_IMG Posted on 1/3/2009, 02:15




Aggiungo questi :


In tutto questo, quale fu la posizione degli “internazionalisti”, i rivoluzionari della Sinistra Comunista? Cosa facevano, questi rivoluzionari puri ed incontaminati, contrari a qualsiasi compromesso e deviazione dal Verbo?

Leggiamolo nell’appello del 1944, riportato sul sito di n+1, www.quinterna.org :

“APPELLO AI PARTIGIANI
Proletari appartenenti alle formazioni partigiane!
Con la parola d'ordine disertate la guerra la sinistra comunista vi aveva indicato un orientamento difensivo nei confronti del vostro nemici di classe, il quale spingendovi alla guerra mirava al vostro annientamento. A questa parola d'ordine il nostro Partito ne aveva aggiunto un'altra: proletari, sabotate la guerra. Rifiutando di rispondere all'appello guerriero - e perciò controrivoluzionario - di Badoglio rappresentante della monarchia e di Mussolini rappresentante del fascismo, voi avete realizzato le condizioni iniziali per la lotta contro la guerra. Ma queste condizioni sono nulle, e minacciano di rappresentare la vostra fine non solo fisica ma anche politica e storica se non strappate immediatamente i legami che vi tengono avvinti alla guerra capitalista attraverso gli organismi partigiani.
Proletari partigiani!
Avete disertato la guerra fascista; durante i 45 giorni di Badoglio, avete disertato la guerra monarchico - democratica. Il vostro dovere di classe deve suggerirvi ora di completare la vostra posizione politica disertando la guerra partigiana - la quale è anch'essa una manifestazione della guerra capitalista. Solo così voi potrete portarvi sulla stessa linea di combattimento classista dei vostri fratelli che, nelle officine, lottano sabotando quotidianamente il meccanismo bellico di Milano, Torino, Genova, Napoli, Brindisi, Taranto, ecc. e preparando con questa tenace lotta quotidiana le condizioni favorevoli alla presa del potere su tutto il settore italiano.
Proletari partigiani!
State in guardia! La posizione in cui vi trovate oggi è già di per sè una posizione anti-classista, giacché si muove in direzione della guerra. ma le cose potrebbero andare peggio ancora, se non prendeste coscienza di questa vostra posizione: ricordatevi che il nemico di classe potrebbe fare di voi un ordigno controrivoluzionario, agente sul terreno della repressione anti-operia nel momento stesso in cui la vostra classe avrà bisogno del vostro braccio e del vostro coraggio.
Proletari partigiani!
Rompete al più presto la disciplina partigiana; ritiratevi a piccoli gruppi in luoghi geograficamente adatti per rimanere sulla difensiva; non servite il gioco del capitalismo democratico, come non avete servito il gioco del capitalismo fascista. Questa posizione di negazione della guerra non è una posizione da vigliacchi e attendisti, come la propaganda guerraiola fascista e democratico-centrista vorrebbe farvi credere. La negazione della guerra rappresenta il preludio della riscossa proletaria armata contro il capitalismo borghese. Ai primi albori di battaglia sociale voi scenderete dai vostri rifugi e, col vostro "mitra" raggiungerete i vostri compagni sulle strade e sulle piazze d'Italia, con una sola parola d'ordine e di lotta: TUTTO IL POTERE AL PROLETARIATO!, unica classe che ha il diritto, il dovere e la capacità di dirigere il timone del progresso verso le grandi mete del socialismo.
Viva la rivoluzione comunista italiana!
Via la rivoluzione comunista mondiale!
Viva la dittatura del proletariato!
Il Comitato Federale Lombardo del Partito Comunista Internazionalista”.

Ancora, un brano da un altro comunicato del 1944:
“Voi in un certo senso potere diventare l'elemento di punta della lotta proletaria poiché, nella vostra maggioranza, concepite nel vostro cervello l'intenzione di lottare, nelle prossime situazioni, a fianco alla classe proletaria: non per la collaborazione, con un nemico che non sarà più fascista, ma non per questo non sarà capitalista; non per uno pseudo-governo operaio, ma per marciare verso la meta suprema, dello stato proletario, basato sulla propria dittatura di classe, che non ha nulla a che fare con il totalitarismo come la propaganda controrivoluzionaria tenta presentare.
Ma questo vostro ruolo d'avanguardia, di battaglia rivoluzionaria, potrà realizzarsi a una sola condizione e cioè la presa di coscienza della vostra pericolosissima posizione, in cui attualmente vi trovate. Voi che avete capito di disertare la guerra fascista, e con questo atto vi siete messi all'avanguardia della lotta per trasformare la guerra in rivoluzione, dovete evitare di farvi trascinare nell'orbita di altri agguati che potrebbero presentarsi sotto diversi aspetti. il primo: quella della manovra del nemico di classe di fare di voi degli affiancatori nel tentativo di ripristinare il potere e l'autorità del capitalismo a spoglie democratiche, il che vorrebbe dire fare di voi un fattore di conservazione borghese.
Il secondo: quello di credere, di illudersi di poter dare la scalata al potere, contrapponendo alle armate di occupazione una vostra armata, e questa illusione (a parte il fatto che gli stessi pensatori del marxismo rivoluzionario l'hanno sfatata dichiarando l'impossibilità, da parte proletaria, di vincere contrapponendo al nemico un organismo militare creato a priori) ai proletari inquadrati nelle file del partigianismo greco costò cara, poiché l'illusione, caduta nel sangue prima, finì nella capitolazione e nel compromesso poi.
Questa esperienza dimostra ancora una volta che l'assalto al potere si presenta quale compito del proletariato, tenendo conto che questo viene risolto solo in date condizioni; e queste condizioni possono essere individuate solo da un organismo dirigente sorto non dalla contingenza, ma da tutta un'epoca che, per essere stata di disfatte e di tradimenti, ha potuto procreare l'utensile adatto alla vittoria rivoluzionaria.
Il compito fondamentale di questo organismo, nei confronti delle masse proletarie, non potrà mai confondersi con l'illusione demagogica e criminale di creare un'armata prima che il capolavoro insurrezionale non sia stato risolto dal partito e portato a termine con la presa del potere di classe. Quale è questo organismo? Forse uno di quei partiti che hanno la responsabilità di aver portato il proletariato alla guerra tradendo la rivoluzione? Certamente no: chi incita alla guerra sarà un collaboratore del nemico, anche in quelle situazioni travolgenti e favorevoli per la presa del potere da parte proletaria.
Viceversa, l'organismo che offre la più grande garanzia di guida rivoluzionaria, non può essere che quel partito la cui base ideologica e tattica gli ha permesso non solo di evitare la caduta nel tradimento interventista, ma anche di indicare nella tempesta la direttiva di lotta contro l'infame agguato della guerra teso al proletariato italiano e mondiale.
Viva la presa del potere proletario
Viva la rivoluzione italiana
Tutto il potere al proletariato contro qualsiasi interventismo e manovra
Non un uomo, non un soldo alla guerra
Per l'unità dei postulati generali di lotta, diserzione, disfattismo rivoluzionario, devono formare una sola parola d'ordine: Rivoluzione
Il Comitato federale torinese del Partito Comunista Internazionalista”

Nel marzo 1944, rivolgendosi agli operai delle fabbriche del nord, contro l’appello allo sciopero generale contro gli occupanti nazisti ed i loro collaboratori fascisti, (che, riuscendo, si rivelò invece decisivo) in “Sciopero generale rivoluzionario o avventura politica al servizio del capitalismo”, scrivevano:
“…voi vedete oggi quegli stessi partiti che, fino a ieri, vi convocavano ad agitazioni di carattere puramente economico (come se una briciola strappata al grande bottino dei vostri padroni potesse cambiar forma e colore alla tragedia di un conflitto che si alimento tutto dalla vostra carne), voi vedete oggi quegli stessi partiti chiamarvi allo sciopero generale politico e all'insurrezione armata, non perché la guerra finisca ma perché voi diventiate un'arma attiva di guerra, non perché il proletariato dia finalmente la scalata al potere e, col regime borghese, uccida la stessa possibilità di nuovi conflitti, ma perché spiani la via col suo sangue ad una nuova forma di dominazione di classe.
OPERAI!
Voi vi trovate oggi fra l'incudine della guerra fascista e il martello della guerra democratica. Gettandovi nell'avventura dell'insurrezione armata con la stessa noncuranza con cui l'ufficiale superiore manda al massacro la sua truppa, le democrazie tentano di raggiungere lo stesso scopo che il fascismo si ripromette dalla vostra mobilitazione nelle fabbriche e sui campi di battaglia: sfruttarvi come carne da cannone per alimentare di nuove energie una guerra che non trova via d'uscita, sviare dai loro obiettivi storici le forze sociali che la guerra inevitabilmente scatena, e stremare le vostre energie in agitazioni senza avvenire, prima che possiate lanciarle nella battaglia finale per la rivoluzione comunista. Nemici sui fronti di guerra, i due blocchi borghesi si ritrovano uniti contro di voi, nemico comune di entrambi: il fascismo alza la scure, le democrazie spingono sotto di essa il proletariato e, perché la manovra avvenga con una parvenza di legalità democratica, affidano all'opportunismo socialista e centrista il delicato ma essenziale compito di bendarvi gli occhi. Che importa a loro, il massacro a cui voteranno le masse, se questo serve a gettare sulla bilancia della guerra una battaglia vinta, ad acuire gli odi nazionali nelle terre occupate e, infine ad operare sul corpo della classe operaia un salasso, dal quale non avrà il tempo di sollevarsi quando suoni l'ora della grande crisi?
OPERAI!
Lo sciopero generale e l'insurrezione armata non sono armi con le quali sia lecito scherzare. Esse si usano quando il nemico è colpito nei suoi gangli vitali, non quando ha ancora forze sufficienti per schiacciare l'avversario: sono il colpo di mazza finale, le armi decisive della battaglia per la presa del potere, non le armi occasionali della guerra e della politica di guerra borghese. La lotta del proletariato è una lotta storica che ha le sue tappe necessarie nelle quotidiane battaglie di classe e il suo termine ultima nella violenza rivoluzionaria. Guai a chi sfrutta questa violenza per fini che le sono estranei (la "guerra" nazionale, la "lotta antitedesca", l'instaurazione di governi di coalizione, ecc. ecc.) o le consuma prima che la sua ora sia venuta! Per troppo tempo, operai, siete stati delle pedine nelle abili mani del nemico: la vostra carne è sacra.
La vostra via, operai, è un'altra. Si tratta in quest'ora decisiva, contro tutte le formazioni politiche che falsamente si richiamano ai vostri interessi, di cementare tutte le forze operaie intorno ad un obiettivo unico, che ha il nome di LOTTA CONTRO LA GUERRA. Questa lotta si esprime nella resistenza attiva e passiva alla guerra, nell'approfondimento dei conflitti di classe, nel potenziamento della difesa operaia contro la reazione, nella costituzione di organismi di massa che coordinino gli sforzi del proletariato contro la forma più spietata della dominazione borghese, e che diventino, nel corso di questa battaglia, le leve della rivoluzione proletaria. Per questo noi vi abbiamo lanciato, contro la demagogia barricadiera dei sei partiti, la parola del fronte unico operaio contro la guerra. Per questo denunciamo oggi la manovra del vostro nemico di classe, e vi additiamo la giusta via, l'unica che i partiti sedicenti operai si rifiutano d'indicarvi la via della preparazione cosciente, metodica, sicura della rivoluzione proletaria.
Questa stessa via continueremo a indicarvi, accanto e in mezzo a voi, con energia instancabile, il giorno in cui, ad onta dei nostri sforzi per trattenerlo in tempo sull'orlo dell'abisso, il proletariato si lasci trascinare in una lotta che riteniamo per i fini cui serve e per le prospettive che le si offrono. Giacché, operai, il nostro posto è dovunque la massa operaia ingaggi la sua battaglia, per restituirle la sua inconfondibile impronta di classe e contrapporre alle parole d'ordine scioviniste e guerraiole dell'opportunismo centrista o socialdemocratico le parole d'ordine classiste e internazionaliste della lotta proletaria per il potere. Un partito di classe non esita ad assumere le proprie responsabilità. Noi, questo posto non lo diserteremo.
ABBASSO LA GUERRA!
VIVA LA RIVOLUZIONE PROLETARIA!
Il Partito Comunista Internazionalista”

Volantino dell’aprile 1944:
“ERCOLE ERCOLI APPOGGIA LA MONARCHIA: I VERI COMUNISTI GLI RISPONDONO
Volantino clandestino del PC Internazionalista
OPERAI: Il partito centrista staliniano, che ancora usurpa l'appellativo di comunista, vi ha dato nei giorni scorsi per bocca del suo capo Palmiro Togliatti (Ercoli) l'ultima più inconfutabile prova del tradimento della vostra causa rivoluzionaria: l'appoggio del centrismo alla monarchia dei Savoia. Legati mani e piedi al giogo della reazione borghese, al Badoglio del 25 luglio, che vi massacrarono con le mitragliatrici e i carri armati dopo appena qualche ora di respiro dalla caduta del fascismo, i centristi non si accontentano ora più di essere i servi e i paladini della borghesia democratica antifascista, si fanno gli iniziatori più sfacciati della repressione e dell'imperialismo.
Se ancor ieri potevate vedere su questi signori la maschera di un preteso sinistrismo antimonarchico e antibadogliano; se ancora vi si poteva presentare abilmente confezionato l'ormai ammuffito minestrone della tattica e dello stratagemma machiavellico in una sedicente politica di Comitato di liberazione nazionale che pur lontanissimo dalla vera tattica intransigente di ogni genuino rivoluzionario, tuttavia si atteggiava a difensore di un'Italia nuova, libera dai legami con i venti anni di fascismo; oggi invece la maschera è gettata e la famosa tattica, raggiunto il culmine del suo vantato realismo, è divenuta, nell'alleanza col re, più che realista, regalista. Chi, di questo passo, oserà ancora definire realmente antifascista costoro, i quali, per amore dell'agognata carriera e della medaglietta non hanno esitato a porsi accanto ai fomentatori del fascismo ed a salvare quella casta di militanti e di generali che il nominato Togliatti ha ritenuto altamente preziosi per la creazione di un futuro, poderoso esercito italiano?
Di fronte al volgare tradimento centrista non avete che una scelta: una volta definita la natura reazionaria di quello che fu un giorno il vostro partito, rompere ogni legame con esso per salvare il vostro avvenire e, liberati dalla tenaglia guerrafondaia che vi incita alla lotta antinglese o antitedesca, schierarvi nelle file del PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALISTA, continuatore instancabile di Marx e di Lenin, per la trasformazione del conflitto imperialista in una guerra civile, in una lotta di classe, per la creazione di quelle premesse rivoluzionarie necessarie per la vostra vittoria di domani, che consistono oggi in una costante assidua opera di chiarificazione politica, ideologica, di preparazione di quadri, di creazione di fronti unici di base sotto la guida del nostro partito, di disfattismo contro la guerra ed i guerraioli di ogni colore, di sabotaggio, di diserzione.
OPERAI, nessuno, né la Germania, né l'Inghilterra, né l'America e neppure la stessa Russia staliniana, vi porterà la rivoluzione. Voi soli, se ne avete la decisa volontà, sarete in grado di conquistare le vostre libertà.
Come i comunardi di Parigi del '71, come gli operai di Pietroburgo e di Mosca nel '17, uniti nel vostro vero partito, iniziate la lotta decisiva per la vittoria del Comunismo che solo può nascere là dove l'oppressione e la guerra borghese sono combattute con l'arma vera del proletariato: la guerra di classe in tutti i paesi, all'interno dei fronti di battaglia, nelle città, nelle fabbriche, nelle campagne!
VIVA LA RIVOLUZIONE COMUNISTA INTERNAZIONALE!
IL PARTITO COMUNISTA INTERNAZIONALISTA”

Dallo “Schema di programma del Partito Comunista Internazionalista”, del novembre 1944 (per la serie “sputare nel piatto in cui si mangia”):
“…Contro lo Stato democratico, la tattica del partito del proletariato non cambia: non crediamo alle sue elezioni né alla sua costituente, né alla sua libertà di stampa, di parola e di organizzazione; ma il partito si varrà di questa, come di ogni concessione a cui la borghesia sarà costretta, all'unico scopo di irrobustirsi e di essere in grado di colpir sodo. Allo stato attuale, la guerra ha prostrato il fascismo, ma non mancherà di prostrare politicamente i partiti a tradizione proletaria del Comitato di Liberazione Nazionale, che, legati alle forze vittoriose della guerra cui devono le loro momentanee fortune politiche, sono oggi costretti a continuarla. Il nostro partito, com'è stato solo a combattere la guerra dell'imperialismo nazifascista [?!?!?!?!], sarà solo a combattere quella delle democrazie…”

Volantino distribuito ad Asti, nel dicembre del 1944:
"PROVOCAZIONE
La guerra è entrata nella sua fase risolutiva, di fronte all'enorme superiorità degli avversari, le truppe tedesche devono effettuare una serie di continue ritirate, il cui vero significato di avvicinamento alla completa disfatta non può venire nascosto dai bollettini del comando germanico, malgrado l'assurdità e la ridicolaggine di certe affermazioni, che vorrebbero apparire quali successi difensivi la perdita di territori e di città strategicamente ed industrialmente importanti.
L'unico fronte tranquillo è quello italiano, perché gli anglo-americani hanno l'interesse militare di tenere agganciate le divisioni tedesche, senza respingerle verso le Alpi, mentre politicamente ritardano l'unione delle masse operaie del Piemonte, della Lombardia e della Liguria, animate da spirito di lotta classista, al governo monarchico di Bonomi, che ha già una vita tanto difficile.
In questa atmosfera di attesa della prossima fine del conflitto, il Comitato di Liberazione lancia nuovamente, specialmente per mezzo del Partito Comunista Italiano, i suoi incitamenti alle masse operaie di prepararsi all'insurrezione contro il nazi-fascismo.
Noi definiamo provocatoria tale propaganda ed affermiamo che se la classe operaia commettesse l'ingenuo errore di insorgere contro le truppe germaniche andrebbe incontro ad un massacro terribile.
Gli episodi dolorosi di Grosseto, di Parigi e di Varsavia costituiscono un istruttivo insegnamento, che non bisogna dimenticare.
Assurda è poi la confusione che si fa tra guerra e rivoluzione.
La classe operaia non è militarista, ed in nessun periodo storico i partiti politici proletari hanno posto il problema dell'azione sul piano della guerra di carattere militare contro l'esercito, che richiede, oltre tutto, speciali capacità tecniche.
Il proletariato è contro la guerra e lotta contro di essa facendo propaganda per la diserzione ed il boicottaggio, pronto ad approfittare di una eventuale situazione favorevole per trasformarla in una lotta civile per la conquista del potere.
La classe operaia è rivoluzionaria, ma la lotta rivoluzionaria non ha nulla a che fare con la guerra tra eserciti: diversa ne è la tecnica, diversi i metodi, diverse quindi le doti che i dirigenti devono possedere.
Il proletariato ha già dimostrato che o lotterà per la conquista del potere, ed il partito bolscevico, guidato da Lenin, ha dato un magnifico esempio che si dimostra come un partito politico operaio possa e debba dirigere la rivoluzione.
Mancando ora la possibilità di trasformare la guerra in lotta civile, come è successo in Russia nel 1917, la classe operaia deve organizzarsi e prepararsi per la prossima lotta contro il capitalismo italiano, i cui interessi, dopo la caduta del fascismo, sono difesi dal Comitato Nazionale di Liberazione.
I partiti che tentano di promuovere l'insurrezione contro le forze militari, anche, e specialmente, se si chiamano comunisti, compiono opera provocatoria e dimostrano la loro intima essenza antiproletaria.
Il Partito Comunista Internazionalista addita al proletariato l'unica via veramente rivoluzionaria, seguendo la quale potrà conquistare il potere e porre fine allo sfruttamento capitalistico.
UN GRUPPO DI COMUNISTI INTERNAZIONALISTI"

Ancora, sempre nel dicembre 1944, paragonando la situazione del momento a quella della Russia del 1917,con il titolo “Abbasso i traditori della causa proletaria”:
“L'esperienza dell'altra guerra (la quale poté aver fine grazie alla vittoria proletaria nel settore russo) preoccupò molto il capitalismo internazionale. Da questa preoccupazione sorge spontanea la sua volontà di finire la guerra attraverso il meccanismo della vittoria militare, il cui risultato dovrebbe consistere in un completo annientamento del complesso economico-industriale ivi comprese le grandi masse proletarie.
A questo scopo, il centrismo, avanguardia della controrivoluzione, anche quest'anno ha osato mettere al servizio del capitalismo e della guerra la prima grande vittoria proletaria, la Rivoluzione Russa.
Per tenervi incatenati al carro della guerra, i centristi e i socialisti, ancora una volta, non hanno esitato a servirsi della Rivoluzione d'Ottobre per esaltare il vostro massacro premeditato e voluto dal capitalismo mondiale. Si è voluto mescolare la personalità del compagno Lenin e il suo capolavoro rivoluzionario con la guerra in atto, la quale rappresenta l'opposto di ciò che fu la Rivoluzione Proletaria Russa. Perché guerra e rivoluzione sono due termini inconfondibili.
L'uno - la Rivoluzione - esprime la vostra vittoria, la vostra vita!
L'altro - la guerra - la vostra disfatta, la vostra morte! Il centrismo e la socialdemocrazia devono giudicare i proletari terribilmente ignoranti, nel campo politico, per osare una simile turlupinatura. Queste carogne controrivoluzionarie misurano l'ignoranza proletaria con il metro della loro malafede e della loro bassezza politica, che è capace di presentare Lenin quale complice di tradimento senza pari ai danni del proletariato mondiale.
Lenin, complice degli interventisti e socialcentristi? Lui, che bollò a sangue i guerraioli della II Internazionale Socialista. Lui, che, dopo la presa del potere, in Russia, combatté in seno al Partito, accanitamente, la formula antiproletaria della "guerra rivoluzionaria" sostenuta da Bucharin, e contro l'equivoca posizione "né guerra né pace" sostenendo tenacemente sino al suo trionfo l'unica posizione di classe, in quella contingenza, la PACE!
Perché Lenin non si dichiarò in quel momento per la guerra, come oggi fa il centrismo assieme a tutti i nemici del proletariato? Eppure, nel 1918, i rapporti di forza, militare, erano a favore dell'Intesa, e la Germania si trovava in ginocchio. Eppure Lenin non esita a firmare la pace di Brest, dimostrando, irrefutabilmente, che il suo obiettivo non era quello di poter partecipare "all'assemblea dei briganti di Versailles" - come egli l'aveva definita - ma il suo sguardo rivoluzionario fissava, non il tappeto della pace capitalista, ma quella della ripresa della lotta di classe. La sua posizione NON era pacifista, NON era guerriera, era: un blocco unico, una direttiva unica mirante al raggiungimento della Rivoluzione Mondiale.
Nella stessa epoca fu lo stesso Lenin che espresse l'idea di preferire una ritirata sugli Urali assieme ai proletari di Pietrogrado, pur di evitare il combattimento con le armate tedesche. Egli preferiva fuggire la guerra in attesa della ripresa della lotta di classe proletaria su scala mondiale. (Quale abisso tra il rivoluzionario Lenin ed il centrismo guerraiolo e collaborazionista!!)
Tutto fu messo in opera da Lenin, pur di portare una chiarificazione nelle file proletarie delle armate in guerra, pur di aiutare i proletari degli altri settori a farla finita con la guerra. La Rivoluzione Russa era scoppiata con il grido di abbasso la guerra; non poteva pertanto confondersi con essa. Ci è voluta una serie di disfatte proletarie sul terreno internazionale, ci è voluta la degenerazione dello Stato Proletario con la sua mancata funzione internazionalista e, solo dopo questa sua opera nefasta, il centrismo, trascinando al massacro fratricida il proletariato mondiale, è riuscito a confondere agli occhi delle masse il significato eminentemente rivoluzionario e internazionalista della rivoluzione russa con l'attuale guerra la cui natura scaturisce dalle necessità, per il capitalismo mondiale, di atterrare il suo antagonista storico: il proletariato.
Proletari!
mentre il vostro nemico di classe si prepara a portare a termine il suo agguato nei vostri confronti, mentre le vostre sofferenze materiali e morali aumentano di giorno in giorno, per voi non esiste altra via d'uscita che la battaglia. La battaglia che dovrà esprimere nettamente i vostri interessi di classe e che conseguentemente, essa, dovrà essere impostata su una triplice condotta d'azione politica: 1°) nei confronti del fascismo, 2°) nei confronti della democrazia, 3°) nei confronti del centrismo. L'ora è suonata per i proletari coscienti di fare il bilancio della guerra e di scegliere i suoi capi, per individuare l'organismo che per il suo passato e per il suo presente possa dare la garanzia per l'avvenire.
Nessuna forza al mondo potrà infrangere la violenza proletaria quando essa si trova compattamente incanalata e guidata da un vero partito rivoluzionario! Mentre la violenza rivoluzionaria del proletariato sarà ridotta a meno che nulla, neutralizzata, se guidata da organismo o partito complici della guerra e della collaborazione, anche se la complicità è avvenuta sotto l'egida del comunismo, della repubblica sociale, del socialismo o della libertà democratica.
A tutti questi traditori che ammantano i loro crimini con parola dorate, alla loro ipocrisia, il proletariato deve dire la sua parola che rompe ogni legame ideologico, politico ed organizzativo.
Proletari
La vostra vittoria di classe potrà avvenire a una sola condizione: che l'organismo politico di guida abbia nelle sue file la capacità e la volontà di lottare fino in fondo per la presa del potere, rigettando qualsiasi compromesso con qualsiasi forma di dominazione capitalista.”

Quando fu chiaro come i loro appelli al rifiuto della lotta partigiana e degli scioperi contro il fascismo, secondo la strategia organizzata dal fronte antifascista, fossero caduti nel vuoto, fu diffusa tra i militanti una circolare, in data 13 aprile 1945:
“Cari compagni,
Poiché l'attuale fase di lotta politica in Italia evolve rapidamente verso forme insurrezionali dominate e guidate da partiti a fisionomia borghese, è necessario, anche per evitare equivoci nell'atteggiamento dei nostri gruppi territoriali e di fabbrica, chiarire bene le prospettive e le direttive del P. nei confronti dell'"insurrezione nazionale".
Precedenti documenti hanno già definito con sufficiente chiarezza come noi vedessimo la situazione. Fin dal nostro primo apparire sulla scena pubblica, avevamo espresso l'opinione che il 25 luglio rappresentava - pur col suo carattere di colpo di stato - una prima frattura dell'ordine politico e sociale borghese, ma che alla società capitalistica era riuscito di sanare questa ferita mobilitando le masse al servizio della guerra democratica e soggiogandole così alla volontà di quello che allora definimmo, le "forze egemoniche" del conflitto. dal piano sociale e di classe, la lotta proletaria veniva insomma spostata sul terreno della pura lotta antifascista e antitedesca, e le fasi di questa lotta si risolvevano, nella teoria e nella pratica, in altrettanti episodi in corso.
Gli avvenimenti successivi dovevano dimostrare la giustezza di quest'interpretazione e dar valore di attualità alle prospettive del Partito, le quali riconoscevano che la classe operaia continuava - e avrebbe continuato fino alla usura delle forze dominanti della guerra - ad agire come pedina di uno dei due blocchi belligeranti, e perciò ai fini della conservazione borghese. A meno dell'intervento di fattori imponderabili, riconoscemmo perciò che la crisi della società borghese, e quindi la possibilità di un'ondata rivoluzionaria in ascesa, si spostava nel tempo, per coincidere con l'esaurirsi delle forze che avevano dominato la scena bellica e sorretto lo sforzo militare dei belligeranti.
Di fronte alle ricorrenti velleità di sciopero insurrezionale, assumemmo perciò logicamente una posizione di critica, non già perché fossimo contrari al ricorso alle armi e allo sciopero, ma perché, nella situazione di fatto e sotto l'impero delle dominanti forze politiche, essi rappresentavano un tentativo d'impegnare il proletariato in una lotta non sua e rispondere a precise finalità borghesi. Indicammo perciò anche agli operai che, se moti a carattere di massa fossero avvenuti, il nostro dovere sarebbe stato d' intervenire imprimendo al movimento una netta fisionomia anti-bellicista e anti-patriottarda, la stessa fisionomia - del resto - che avremmo voluto imprimere all'auspicato e non realizzato fronte unico dal basso.
Queste premesse dovevano essere brevemente ricordate per definire il nostro atteggiamento di fronte alla ventilata e certo prossima insurrezione antifascista. Noi non neghiamo affatto che esista un problema di distruzione del sopravvivente apparato repressivo fascista: sarebbe ridicolo che lo negassimo. Ma riconosciamo anche che, allo stato dei fatti, l'azione antifascista rimane circoscritta, dalle forze politiche dominanti, a finalità di conservazione borghese e di difesa della patria, e, mentre è diretta all'eliminazione fisica dei rappresentanti ufficiali della repressione fascista, tende non solo a mantenere intatte le basi sociali del fascismo (il regime di produzione capitalistico), ma a scaricare le energie proletarie nel letto della guerra, della patria, della democrazia, invece che in quello della rivoluzione. È chiaro che per noi non esiste una lotta antifascista staccata dalla lotta contro il capitalismo, e che non si potrà mai parlare di sterminio radicale del fascismo finché non sono sradicate le basi storiche da cui ha tratto origine questa forma di dominazione del capitale. Per la stessa ragione è chiaro che, per noi, il compito storico di distruggere il fascismo spetta soltanto alla classe operaia in quanto agisca sul terreno rivoluzionario e classista, e non potrà mai essere assunto da organismi, come il Cln, che si muovono nell'orbita della politica borghese. D'altra parte, peccheremmo di astrattismo se non riconoscessimo che, negli avvenimenti a carattere insurrezionale cui assisteremo, l'iniziativa è e resta nelle mani di quelle stesse forze che hanno dominato la scena del conflitto mondiale e che, nell'attuale stato dei rapporti di forza, sarebbe romantico sognar di mutar col nostro solo intervento il corso della storia e far sboccare un moto a carattere democratico-patriottardo in un moto a carattere rivoluzionario-classista.
Il nostro intervento sarà dunque ispirato a questi criteri:
1) critica preventiva delle finalità politiche e della direzione tattica dell'insurrezione nazionale e dello sciopero armato;
2) intervento nel moto insurrezionale dovunque esso assuma carattere di massa, e azione in esso come forza politica differenziatrice;
3) sfruttamento dell'agitazione in corso per la conquista di quelle posizioni che possano giovare sia alla prosecuzione della battaglia proletaria nei mesi che verranno, sia al potenziamento del Partito.
Per quel che riguarda il 1° punto, l'opera dei compagni deve essere estremamente vigile e tattica: non impostare la nostra critica sul sabotaggio astratto dallo sciopero e dell'insurrezione, ma sulla chiarificazione delle sue finalità e dei suoi obiettivi, sull'indicazione dell'errore politico di moti insurrezionali a scopi semplicemente democratici e, peggio ancora, patriottardi e bellicisti; indicare sempre che, comunque, nel caso che moti di massa si verifichino, il nostro posto sarà accanto al proletariato per orientarlo per partecipare alla lotta con nostre e classiste parole d'ordine.
Per quel che concerne il 2° punto, è ovvio che, intervenendo in azioni di massa e solo in esse, noi combattiamo lo stesso apparato repressivo fascista che gli altri movimenti politici combattono; ma il nostro compito rimane sempre quello di far leva sul nostro raggio d'influenza in seno alla classe operaia affinché, sulla sanguinosa esperienza, questa esca armata degli strumenti politici e pratici indispensabili per procedere, nelle fasi successive della crisi, verso la meta finale della conquista del potere.
Riguardo al 3° punto, le parole d'ordine che il P. lancerà, attraverso la stampa ai compagni di base, saranno: 1) armamento del proletariato; 2) costituzione in organismi di fronte unico operato dal basso (consigli di fabbrica, ecc.) a difesa delle eventuali conquiste realizzate e per l'estensione della lotta di classe secondo un piano unitario in regime democratico.
Queste parole d'ordine hanno per i membri del P. e per i gruppi di fabbrica carattere impegnativo: la prima, nel senso che nulla deve essere trascurato per rinforzare l'armamento del P. e in genere degli organismi operai; la seconda, nel senso che i nostri gruppi di fabbrica devono essere gli elementi propulsori di ogni iniziativa unitaria con finalità di classe sui posti di lavoro.
È ovvio che a tutti gli episodi di lotta proletaria che potranno verificarsi (occupazione di fabbrica, espropriazioni, ecc.) i compagni parteciperanno sempre con una duplice funzione di chiarificazione degli obiettivi e di impulso a portare la lotta su un terreno esplicitamente classista e non limitato alla contingenza della lotta contro il fascismo.
I compagni eviteranno - anche per non compromettere i nostri già esili quadri - ogni iniziativa parziale a sfondo attivistico che esca dai limiti tracciati più sopra. Chiarimenti di carattere pratico verranno dati nelle prossime riunioni di capigruppo.
Il CE del P.C. Internazionalista”


Infine (gli altri appelli e comunicati, leggeteli da soli, ne vale la pena…) il brano conclusivo da un manifesto del 1945:
“LAVORATORI!
Ieri con il fascismo, oggi con il C. di L.N., la borghesia continua a dominare e ad alludervi. Il centrismo dirigente ci chiama traditori? Noi rispondiamo che si tratta di traditori della patria possono risparmiare il loro fiato, noi come tutti i proletari non abbiamo patria, abbiamo una classe che si chiama proletariato, se per traditori si vuole alludere alla nostra posizione contro la guerra e alla nostra parola d'ordine: proletari disertate e sabotate la guerra, ebbene per noi è un onore immenso di avere denunciato il massacro tra i proletari dei diversi paesi. Se infine noi siamo dei traditori perché non apparteniamo al C. di L.N. dichiariamo subito che questi insulti non ci toccano poiché si deve provare che il Partito Internazionalista ha tradito la causa della classe proletaria e la sua rivoluzione, anzi denunciando al proletariato il C. di L.N. noi non facciamo altro che continuare a smascherare il mostro capitalista disposto a trasformarsi esteriormente in ogni situazione pur di mantenere intatto il suo metodo di prelevamento del sangue e dei sudori sul lavoro degli operai e lavoratori tutti. Noi non crediamo sia un insulto quello di dire che nel C. di L.N. si rintana il capitalismo nelle sue diverse spoglie, fascismo compreso, noi non crediamo sia un insulto dichiarare che il centrismo collabora con i peggiori nemici del proletariato, che ha rinunciato ad ogni principio classista accentuando i principi antiquati della borghesia patriottarda. Il vero insulto verso il proletariato è proprio quello di chiamarsi Comunista da parte di un partito il cui contenuto politico rappresenta tutto, salvo l'idea rivoluzionaria classista.
Abbasso i disfattisti della rivoluzione proletaria!
Abbasso i collaboratori e conservatori del dominio borghese!
W la rivoluzione proletaria italiana e mondiale!
Il C.F. di Torino e Provincia del Partito Comunista Internazionale”


E poi ci si meraviglia che gli “internazionalisti” venissero considerati traditori, sabotatori, infiltrati, provocatori…


(tutte le sotolineature sono mie)

L'ultima modifica di nostalgico il Lun Giu 16, 2008 9:57 am, modificato 1 volta

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Nostalgico




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Comunque, tornando al discorso principale, credo che le mie poche note bastino a dimostrare come l’opposizione al fascismo (quella vera) in Italia, sia come attività clandestina durante il regime (stampa, propaganda, contatti tra militanti, informazione, riorganizzazione del partito comunista, in clandestinità dal 1926, protezione dei perseguitati, partecipazione alla guerra in Spagna) che nel corso della guerra partigiana, non sia poi stata così “infinitesimale”…

Il problema credo sia nel fatto che essa fu principalmente dovuta al PCI (PCD’I fino al 1943) di Gramsci e Togliatti, fedele, nel bene e nel male, alle direttive del Comintern, ovvero a Stalin.
Insomma, Gfm, non lo accetta, o, come si dice a Roma, “ce sforma”, pertanto cerca di sminuirla, addebitarle crimini e massacri, contrapporle l’opposizione antifascista in Germania.

Non contento, punta il dito contro gli “stalinisti” che, d’accordo con gli Stati Uniti, avrebbero “cancellato” quest’ultima, per “punire” la Germania, dividerla e mantenerla in posizione subordinata a livello economico e politico, perché non s’imponesse come potenza europea, al fine di mantenere la divisione del continente tra i due “imperialismi”.

Così facendo, si trova in una posizione curiosa: lasciando perdere gli antinazisti non comunisti (Rosa Bianca, eccetera) deve mostrare i meriti (indubbi) dei comunisti, senza, al contempo, che si veda il ruolo fondamentale avuto dal Kpd, anch’esso, guarda un po’, “stalinista” quanto il partito di Togliatti, Longo, Pajetta, eccetera.
Non nominerà appunto la “Rote Kapelle” (Orchestra Rossa), che Enzo Collotti, nominato all’inizio, definì “il più importante nucleo antinazista anteriore alla guerra”.

Forse perché essa era troppo vicina all’Urss?
Sul sito “primomaggiointernaizonalista”, leggiamo che, in effetti, Ritter, in polemica con la “storiografia staliniana”, nel suo “I cospiratori del 20 luglio 1944” (1960), scrisse : «Dopo il 1945 i cospiratori della Rote Kapelle (Orchestra Rossa) sono stati celebrati nella zona di occupazione Russa in Germania come eroi della resistenza, e con buona ragione. Ma con la 'la resistenza tedesca' questo gruppo, e si ciò non dovrebbe esserci alcun dubbio, evidentemente non ebbe nulla a che a fare. Esso fu infatti chiarissimamente al servizio del nemico straniero. Non solo si diede da fare per indurre alla diserzioni i soldati tedeschi, ma tradì importanti segreti militari contribuendo all'annientamento delle truppe tedesche».

Infatti, nel suo intrervento del 18/5 6:37pm, dopo aver parlato del Leninbund, su cui torneremo, e sullo SAPD, dedica poche sprezzanti righe al partito di Ernst Thaelmann (il cui nome non viene mai citato):
“Una nota a parte va fatta per il KPD, certo l'organizzazione numericamente più forte ed organizzata, ma la sua area organizzata raggiunge il livello più basso nel 1936 in concomitanza con i "processi di Mosca" e le "purghe": tra il 1935 ed il 1937 la Gestapo smantella l'organizzazione KPD di berlino con un ondata di 2000 arresti e più di 1300 condanne, molte a morte”.

Peccato che, proprio in quegli anni, cinquemila volontari, in maggioranza del Kpd, andassero a combattere in Spagna, nelle Brigate Internazionali (stando a quanto riportato da Lady Godiva, nel succitato “Giorno della memoria”, e che Gfm confermava).

Scrive poi circa lo sbandamento procurato ai militanti dal Patto Ribbentrop-Molotov, affermando addirittura che esso provochi “un vero shock tra i membri del KPD clandestino: l'apparato sbanda, le attività del gruppo Uhrig si riducono a ripetuti incontri con la direzione estera del partito...senza direzione molti sono gli arrestati, tra cui lo stesso Uhric hce verrà poi giustiziato.”
Insomma, la vera causa della crisi e della sconfitta del Kpd fu, tanto per cambiare, non la repressione e le persecuzioni feroci da parte dei nazisti, quanto lo “shock” del patto del 1939.

Nel frattempo, però, Gfm non può non scrivere che “Nel '38 i dirigenti sopravissuti tentano di riorganizzare la rete clandestina e l'operaio Robert Uhrig (1903-1944) tira le file di quella che divenna la più grossa organizzazione di resistenza tedecsa nelle fabbriche”.

Si premura poi di sottolineare, quasi a dover giustificare il riconoscimento del ruolo del Kpd, che "nell'inverno del 43-44 si forma un'altra direzione guidata da Saefkow (dopo 6 anni di carcere) ilquale però mantiene le distanze dalla direzione estera del partito e crotica la strategia del Komintern e la linea ufficiale del partito. Non lo dice GFM, ma lo storico del KPD Hermann Weber, oltre che appunto Sandvoss: "i dirigenti del KPD di berlino assumono un ruolo sempre più autonomno, tanto che non li si può certo definire diretti dall'estero o esecutori degli ordini di Mosca".

Finalmente, vengono forniti un po’di numeri sul Kpd: “dei 300 mila membri del 1932 ben 150 mila sono stati arrestati almeno una volta sino al '45 e 20 mila sono uccisi (2mila subito dei primi due anni del nazismo al potere grazie alle schedature dette). Su circa 1400 persone che facevano parte del gruppo dirigente del KPD 400 sono uccisi in varie circostanze: 222 dai nazisti e 178 dagli stalinisti, mentre dei 59 ex membri dell'ufficio politico, sei sono uccisi dai nazisti e otto dallo stalinismo”.

A chi era stato dato invece risalto, scrivendone per primo?
Certo! Al Leninbund! “guidato da Urbahns, le sue strutture sono presenti in tutti i quartieri operai, vengono diffusi giornali clandestini con i cui introiti si provvede al sostentamento dell'organizzazione (secondo il modello leninista di sempre), i frequenti sbandamenti provocati dalla politica russa e da come i gruppi riuscivano ad interpretarla portarono a confusione strategica di cui il nazismo fin dal '33 approfittò per tagliare più volte la testa della classe dirigente. L'avvento del nazismo fu letale per Urbahns che é costretto a fuggire in Svezia,”.

Hugo Urbahns (1890-1946), nell’ala sinistra del Kpd al IV congresso dell’Internazionale (1922), nello stesso anno, tentò un’insurrezione ad Amburgo. In seguito fondò li Leninbund nel 1928 raccogliendo i trotskisti e zinovevisti tedeschi, fu per circa un anno strettamente legato all’Opposizione di Sinistra in Urss. L’anno seguente dando dell’Urss il giudizio di “capitalismo di stato” e proponendo la costituzione immediata di un partito rivoluzionario, determinò l’uscita dei trotskisti e zinovevisti da esso. Nel 1933, alla presa del potere da parte di Hitler, riparò in Svezia, mentre il Leninbund ridusse ancor più la sua azione.

Eppure, Roberto Casella, in Lotta Comunista n.144 (agosto 1982), in “Il difficile cammino dell’internazionalismo nella Germania di Weimar” sottolineava l’azione e l’operato della settaria organizzazione di Urbahns, accreditando ad essa un ruolo notevole.
L’articolo iniziava, per essere subito chiari, con il citare un editoriale del 1969: «Fascismo e democrazia non sono che due metodi o due forme di uno stesso esercizio della dittatura capitalistica. Sono cioè due facce della stessa medaglia. Per la classe operaia non si pone l'alternativa fra democrazia e fascismo ma tra dittatura capitalistica e dittatura proletaria. Questo è un punto fondamentale del programma comunista…»

Poi chiariva, tanto per cambiare:
“La classe operaia tedesca, accecata dallo stalinismo, fu condannata a brancolare nel buio impotente di fronte ai colpi della montante marea nazista. Gli venne a mancare il cardine principale su cui appoggiarsi per definire una propria strategia di difesa.
Lenin nel 1909 elaborando la strategia per una ritirata del proletariato russo di fronte alle preponderanti forze della reazione zarista sottolinea cosa soprattutto necessita nelle situazioni di particolare difficoltà. Scrive:
«Abbiamo più di tutto bisogno di chiarezza e fermezza ideologica soprattutto nel momento difficile che attraversiamo».
E' questo il presupposto per cui non un grammo di energia proletaria vada disperso ma impiegato «fermamente, senza flessioni, nell'opera di educazione e di preparazione dei nuovi quadri di una armata rivoluzionaria più cosciente».”

Questo è quanto scriveva Trotsky (ricordiamo, il principale oppositore di Stalin, nonché, in genere, avversario delle politiche di Fronte popolare, tanto che in Spagna, sconfessò il Poum per la sua partecipazione al governo del 1936) agli , “internazionalisti”, ovvero i bordighisti italiani del gruppo di “Prometeo”, operanti a Bruxelles, nel 1930: “A proposito di Urbahns voi mi chiedete di informarvi sulla sua attività perché voi possiate pronunciarvi definitivamente. Nello stesso tempo voi ricordate che nella piattaforma dell'opposizione russa si parla del gruppo Urbahns come di un gruppo ideologicamente vicino. Io non posso che esprimere il mio dispiacere per il fatto che voi fino ad ora non vi siate fatto il dovere di formarvi un'opinione definitiva su di una questione che durante mesi e mesi aveva inquietato l'opposizione internazionale e che ha condotto a una scissione nell'opposizione tedesca, ed in seguito alla creazione di un'opposizione di sinistra unificata che ha definitivamente rotto con Urbahns. Quale senso può dunque avere la vostra osservazione a proposito della piattaforma dell'opposizione russa? Si, noi abbiamo ritenuto che saremmo arrivati a raddrizzare la linea politica di tutto il gruppo di Urbahns. Ma la storia non si è fermata al 1925, né al 1927. Molto avvenimenti si sono prodotti dopo la pubblicazione della piattaforma. I zinovievisti hanno capitolato. La direzione del Leninbund in una serie di lettere e di articoli si è orientata in senso opposto al marxismo. Siccome noi non rompiamo alla leggera le relazioni politiche, abbiamo cercato di cambiare la politica del Leninbund con una serie di lettere e di articoli. Il tentativo non è riuscito. Una serie di nuovi avvenimenti ha respinto di più il gruppo Urbahns, una parte considerevole della sua organizzazione ha rotto con lui.
Lo sviluppo politico è pieno di contraddizioni; molto sovente i partigiani o semipartigiani di una stessa idea se ne vanno ciascuno per la propria strada. Le cause della rottura dell'opposizione internazionale con il Leninbund erano discusse pubblicamente in tutta la stampa internazionale. Io stesso ho detto a questo proposito in un opuscolo tutto ciò che ho potuto dire. Non posso aggiungere più niente a quello che ho detto, tanto più che si tratta di fatti passati. Voi sollevate questa questione non in relazione con i fatti ma in relazione con la mia lettera. Questo dimostra ancora una volta quanto voi ignoriate la vera vita politica e teorica dell'opposizione internazionale. “ (dagli “Scritti sull’Italia”, in www.marxists.org ).

Sempre sulla situazione tedesca, Trotsky scriverà in seguito (non rivolgendosi al Leninbund, bensì in generale ai comunisti ed operai tedeschi): “ E' Nostro dovere suonare l'allarme: la direzione del Comintern sta spingendo il proletariato tedesco verso un'immane catastrofe, che si concluderà in una pavida capitolazione davanti al Fascismo. L' ascesa al potere dei nazisti vorrebbe soprattutto dire lo sterminio del proletariato tedesco, lo scioglimento delle sue organizzazioni, l'annullamento della sua fede in se stesso e nel suo avvenire.......L'opera infernale del fascismo italiano apparirà come un pallido e quasi umano esperimento in confronto con l'opera del nazionalsocialismo tedesco." Più avanti continua: " Lavoratori comunisti.... se il fascismo dovesse andare al potere, esso passerebbe sui vostri crani e sulle vostre ossa come uno spaventoso carro armato. La vostra salvezza sta in una lotta senza quartiere. E solo un'alleanza con i lavoratori socialdemocratici può darvi la vittoria. Affrettatevi, Vi rimane pochissimo tempo." (Da “Germany, the key of the International Situation” , 1931).

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Nostalgico



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Gfm scrive: "Tra il '33 ed il '36 vi furono almeno 5 processi a carico della resistenza del Leninbund , per Sandvoss i documenti del processo del 1936 sono preziosi ‘perché rendono possibile un colpo d'occhio sul lavoro illegale del Leninbund ‘ ”.
Ben cinque processi!
Secondo G.Sandoz (la fonte è ancora un articolo di Roberto Casella, “L’opposizione in Germania al nazismo”, Lotta comunista 125, gennaio 1981) all’inizio della guerra, in Germania vi erano 300.000 detenuti per ragioni politiche.
Riporto esattamente il brano, anche perché è a quello che credo Gfm faccia riferimento, tant’è che si cita anche l’articolo di Nobercourt:
“Gerard Sandoz pubblica a Parigi un volume sull'opposizione tedesca al nazismo che conclude con questa affermazione:
«Quanto alla Francia, come non constatare che si ignora tutto, o quasi, di ciò che ha portato all'esistenza della 'altra Germania', quella degli avversari feroci di Hitler? In misura modesta, noi speriamo di contribuire alla conoscenza di questi tedeschi sconosciuti» (G. S. "Ces Allemandes qui ont defié Hitler" ed. Pygmalion G. Watelet, 1980) (…)
G. Sandoz sostiene che all'inizio della guerra erano circa 300 mila i tedeschi rinchiusi per motivi politici. Dalle varie fonti se ne deduce che comunque l'indagine è ancora allo stato embrionale, le cifre sono variamente stimate. Ad esempio J. Nobercourt, in un articolo apparso su "Le Monde" del 21 luglio 1964 in occasione della ricorrenza dell'attentato a Hitler, sostiene che i tedeschi che passarono nei Campi di concentramento dal 1933 al 1939, cioè prima dell'inizio della guerra, furono circa 1 milione. H. Bernard nel suo volume "L'autre Allemagne: la resistance allemande a Hitler 1933-45" pubblicato in Belgio nel 1976 afferma che i condannati dai tribunali civili nel periodo 1933-39 furono 225 mila ma "non è possibile valutare" quelli internati nei Campi di concentramento. L'invio nei Campi non passava per i tribunali ma avveniva a discrezione della Gestapo, delle SS ecc.”.

Invece Gfm scrive: “G.Sandoz, che ha scritto nell'80 un testo in Francia sulla resistenza dei tedeschi (tentando inutilmente di strappare il velo del resistenzialismo antitedesco), ha scritto che all'inizio della guerra nei campi di concentramento vi erano uffialmente 400.000 detenuti politici tedeschi (G.S. "Ces Allemandes qui ont defié Hitler" Ed. Pygmalion G. Wateled. 1980).
J. Nobencourt in un articolo si Le Monde del 21 luglio 1964 scrive che i tedeschi che sono passati per i campi di concentramento sono circa 1 milone. Cifra confermata da diversi altri ricercatori (se increduli vi do i nomi).”
E’solo una svista il fatto che i detenuti da 300.000, nell’intervento di Gfm divengano 400.000???

Nel testo “Dieci lezioni sul nazismo” (Rizzoli 1977) di Alfred Grosser, si afferma che le condanne per ragioni politiche, dal 1933 al 1938 siano state in totale circa 345.000, quindi non credo che tutti i condannati fossero effettivamente stati deportati, alla data dell’inizio della guerra. Pertanto, la cifra di 300.000 mi sembra più che ragionevole.
Il che avvalorerebbe ancor più la supposizione che la cifra di un milione di tedeschi internati riportata da Gfm si riferisca non solo agli oppositori politici, bensì al totale dei deportati, ovvero anche ebrei, Testimoni di Geova, omosessuali, malati mentali, eccetera.
Gunther Weissemborn limita invece la cifra a 700.000.

Sempre dall’articolo di Casella, si riportano altri dati forniti da Gerard Sandoz:
“Dal 1938 al 1945, gli oppositori tedeschi ufficialmente assassinati per motivi politici furono 32 mila 500. A questo numero non è possibile aggiungere tutti coloro che furono liquidati nei Campi "senza ufficialità". G. Sandoz sostiene che nel solo 1944 furono uccisi 5764 persone per attività contro lo Stato, e dopo l'attentato del 20 luglio 1944 vi furono 7 mila arresti e altre 4980 esecuzioni.”

Comunque, sul sito di “primomaggiointernazionalista”, si trovano, oltre quelli citati, altri articoli di Lotta Comunista sull’opposizione al nazismo, senz’altro interessanti, per quanto anch’essi, come Gfm, vengano introdotti come “Una pagina tenuta nascosta” .
Su www.fondazionefeltrinelli.it, Tommaso Lana introduce il ricco archivio della Fondazione:
” In Germania l’opposizione al nazionalsocialismo ebbe forme d’azione differenti e del tutto singolari rispetto all’attività di resistenza svolta dai movimenti antifascisti negli altri stati europei. L’opposizione interna ebbe possibilità di agire solo fino all’incendio del Reichstag, era il 27 febbraio 1933, quando nel neonato Terzo Reich si avviò una sistematica e metodica pratica di annientamento del nemico. Furono soffocate nel sangue le voci degli ex deputati comunisti e socialisti, dei migliori esponenti della cultura e della pubblicistica tedesca e anche quelle dei
nazionalsocialisti in disaccordo con la linea politica percorsa dalla NSDAP dopo l’ascesa al potere di Adolf Hitler. Nel 1939 erano 300 mila i tedeschi detenuti in campi e carceri della Germania per ragioni politiche, ben più alto il numero degli ebrei perseguitati.
La Resistenza in Germania – come afferma Enzo Collotti – «non visse soltanto attraverso gli esponenti antinazisti rinchiusi nei campi di concentramento, visse nell’emigrazione, visse nella guerra di Spagna, alla quale partecipò nelle file repubblicane una nutrita schiera di emigrati tedeschi», visse – aggiunge chi scrive – sulle circa mille testate, tra fogli clandestini e periodici, fondati da fuoriusciti di nazionalità tedesca e austriaca rifugiatisi nei paesi non fascisti d’Europa, in Unione Sovietica, negli Stati Uniti, in Centro e Sud America e in Cina.”
Gfm scrive poi: “Ma a Berlino operava anche la SAPD, una scissione internazionalista dal KPD a causa della stalinizzazione. Secondo lo storico Hanno Drechsler, nello studio intitolato appundo "Die Sozialistische Arbeiterpartei Deutschland" la Sapd era una della parti più attive del movimento operaio di resistenza in Germania ed anche uno dei più decimati, in particolare a Berlino. Tra il '34 ed il '39 subisce centinaia di arresti e 13 processi, per lo più ad esito mortale, i sopravissuti in galera subiscono terribili torture, )0 fucilazioni della classe dirigente di Berlino, non poco per un'organizzazione che contava nel '36 solo 1300 membri attivi. Decine di attivisti SAPD rimangono comunque attivi a berlino nonostante la decimazione della classe dirigennte sino al 1945, presidiando Siemens, AEG e la BVG.”
Qui sono in difficoltà… Il Sap, Partito Socialista dei Lavoratori (o Partito Operaio Socialista, comunque Sozialistische Arbeiterpartei), fu una scissione di sinistra della Spd, avventa nel 1931, per fare da ponte tra Kpd e Spd, superando l’”estremismo” del primo e l’immobilismo del secondo. Vi aderì anche Albert Einstein, ma soprattutto, fu il partito del futuro cancelliere della RFT Willi Brandt.

E’più probabile che Gfm intendesse il Kapd, nato dall’espulsione di una minoranza rivoluzionaria dal Kpd, nell’aprile 1920, pertanto prima dell’ascesa al potere di Stalin (1924, alla morte di Lenin), come esponente di quella che sarà la Sinistra Comunista, su posizioni simili a quelle dei bordighiani italiani (rifiuto del parlamentarismo, delle riforme, rivoluzione come unico obiettivo, nessuna collaborazione con forze più moderate, eccetera).
Su www.giovanetalpa.net si può leggere “La rivoluzione non è affare di partito” (1920) di Otto Ruehle, in cui si evidenzia l’estremismo del Kapd, oltre alla scarsa importanza data al ruolo politico ed organizzativo del partito, accentuando il ruolo dei consigli operai. Nel novembre sarà ammesso come partito “simpatizzante” dell’Internazionale.
L’anno successivo (“Azione di marzo”, nell’area di Colonia)tenterà invano una serie di insurrezioni e scioperi rivoluzionari, attacchi di guerriglia urbana saranno diretti da Max Holz. Già critico verso la Russia, viene definitivamente espulso dall’Internazionale. Lenin, nell’”Estremismo…” avrà modo di criticare le posizoni e strategie di organizzazioni come il Kapd.

Già nel 1923, il Kapd, che, l’anno precedente, aveva subito una scissione tra il gruppo di Essen e quello di Berlino, cominciò a scomparire, finendo per confluire in parte nel Gruppo Schwarz, di tendenza operaista. Un testo dovrebbe essere “Linkskommunismus e rivoluzione in occidente. Per una storia della Kapd”, di Enzo Rutigliano (Dedalo Libri).

Insomma, come nel caso del Leninbund, ci troviamo di fronte a quella che è la frazione sinistra dell’ala rivoluzionaria di una minoranza internazionalista della corrente leninista del raggruppamento proletario del gruppo antistalinista del partito vattelappesca. Insomma, poco più di niente.

In casi come questo, si può citare l’esistenza di tali organizzazioni solo a scopo documentaristico, data la loro effettiva pressoché nulla influenza. Non si potrà certo farli passare per ciò che non sono, ovvero gruppi aventi reale seguito e peso politico.
Questo con tutto il rispetto per chi vi aderì.

Su Hans Schmidt si trovano notizie in “Albineaplatz a Berlino”, dal Manifesto (quello dei quattro miliardi eccetera) del 26/8/2003: “nato nel 1914, aveva militato nella gioventù operaia socialista e poi nel partito operaio socialista, che continuò a operare in clandestinità dopo l'avvento al potere dei nazisti nel 1933. Nel 1935 era stato incarcerato per qualche mese, e fortunosamente rilasciato per mancanza di prove sufficienti a costruire un rinvio a giudizio. Arruolato come marconista nell'aviazione, nel 1944 era a Albinea, dove i tedeschi mantenevano un importante centro di trasmissioni.
Il sottufficiale riuscì a stabilire contatti con i partigiani che operavano nella regione. In particolare con Oddino Cattini, che vive a Reggio Emilia e ricorda benissimo gli incontri con Hans. Il marconista passava armi e munizioni alla resistenza. E, insieme a quattro soldati che la pensavano come lui, aveva deciso di consegnare ai partigiani l'intero centro di trasmissioni, con radio, telefoni, e altre preziose attrezzature.
L'esecuzione del piano dovette essere rinviata per un contrattempo. Forse qualcuno, avuto sentore dei preparativi, fece la spia. Hans Schmidt, e con lui Erwin Bucher, Erwin Schlunder, Karl-Heinz Schreyer e Martin Koch che si apprestavano a seguirlo in montagna con i partigiani, vennero trucidati o fucilati come traditori”.
Trovo più probabile che Schmidt provenisse dalle fila del Sap di Willi Brandt e che fosse questo il partito che contava 30.000 aderenti, all’avvento del nazismo…

Comunque, alla fine Gfm, pur sminuendolo, sottolineandone le difficoltà, criticando la sua subordinazione a Mosca, cercando di confonderlo tra le altre piccole organizzazioni d’estrema sinistra che elenca, a quanto pare in modo neanche preciso, non può non riconoscere che il Kpd sia stato (insieme all’Spd che egli fondamentalmente ignora, come fa notare anche Rispettoso, il 19/5 9:11am) la principale organizzazione comunista ad aver portato avanti, nel limite del possibile, una concreta oppositore al nazismo.
E’lui stesso a riportare (18/5 5:37pm) come il Kpd abbia subito, solo a Berlino, duemila arresti e 1300 condanne, molte a morte, ad opera della Gestapo, fra i 1935 ed il 1937.
Come giustamente fa notare Rispettoso (20/5 8:22am), il Kpd commise l’errore di votare al referendum proposto dall’”opposizione nazionale” per lo scioglimento del parlamento regionale prussiano, il più imprtante Land del paese, presieduto dal socialdemocratico Otto Braun, nell’estate del 1931.
Ciò avvenne perché lo Spd era ancora ricordato come il partito al governo che aveva represso l’insurrezione spartachista del 1919. Al contempo, il Kpd sottovalutava il pericolo nazista.
Il referendum fu sconfitto, perché l’Spd votò compattamente e anche molti comunisti non accettarono di votare contro i socialdemocratici, con i partiti reazionari e nazista. Tuttavia questo non fece che aumentare la distanza fra Kpd e Spd.

Il sesto Congresso dell’Internazionale (1928) aveva stabilito la linea dell’opposizione al “socialfascismo”. Solo nel congresso seguente (luglio-agosto 1935), considerate le rovinose conseguenza di ciò, il Comintern passerà alla politica di "fronte unito" contro il fascismo.
Anche al tentativo di scongiurare il ripetersi di simile situazione si deve la posizione per l’unità del fronte popolare in difesa della repubblica, in Spagna.

Su questo Gfm glissa: forse perché la posizione settaria ed refrattaria a qualsiasi alleanza con l’Spd, che si rivelò catastrofica, sarebbe stata condivisa dagli “internazionalisti”? Comunque, il problema non si pone, per chi rifiuti l’antifascismo, la lotta per la democrazia borghese, ignori qualsiasi cosa non sia legata alla questione economica e consideri tutti gli altri come traditori della rivoluzione.

Al congresso del 1935, Togliatti parlerà di “superare gli errori che il partito ha commesso a causa del suo settarismo nei confronti della socialdemocrazia e costituire un fronte unico con le organizzazioni socialdemocratiche” (di fatto, attribuendo l’intera responsabilità al Kpd). Inoltre dirà “sappiamo benissimo che, per quanto un regime democratico borghese possa essere reazionario, esso è sempre meglio per gli operai di una dittatura fascista aperta”.

Sarà comunque troppo tardi: immediatamente dopo l’incendio del Reichstag, quattromila militanti del Kpd erano stati arrestati. Il solo Spd votò contro il conferimento dei pieni poteri Hitler (i deputati comunisti erano stati arrestati). Rispettoso ha già fatto notare che anche i parlamentari socialisti assenti fossero già stati arrestati o costretti alla fuga.

Curioso come Gfm (19/5 11:17pm) scriva: “ Della Widerstand si parla poco per i motivi geopolitici già detti ed anche perché in Germania la Widerstand é di fatto comunista, di una specie particolare di comunisti (tranquillo Nostalgico non sto assumendo tutta la resistenza tedesca a lc) perché si é dovuta confrontare da una parte con la repressione nazista e dall'altra con la direzione estera del KPD che cercava di deviare, fino al '39, le lotte.
Al momento dell'avvento del nazismo risulta ufficialmente che i comunisti fossero almeno 350 mila, di cui 300 mila nel KPD, 30 mila nella SAPD, diecimila anarco-comunisti e alcune migliaia della "sinistra non stalinista". Alla fine della guerra ne erano sopravissuti solo alcune migliaia con la loro classe dirigente praticamente cancellata”.

Intanto, come detto, già nel 1935 il Comintern mutò le direttive in favore del più ampio fronte di alleanze possibile contro il fascismo. Non capisco se per “deviare le lotte” intenda la politica contro il socialfascismo o, al contrario, si riferisca alla deviazione dall’obiettivo rivoluzionario, in nome dall’alleanza antifascista. Entrambe cose che, del resto, rifiuta.

Inoltre trovo contraddittorio che scriva di “una specie particolare di comunisti” che egli a quanto pare non riferisce al Kpd, mentre, subito dopo, da cifre da cui si vede come il Kpd avesse ben dieci volte i militanti del Sapd (immagino intenda il Sap, ovvero i socialdemocratici di sinistra, non certo i “rivoluzionari” del Kapd del 1920).

Prima del nazismo, il Kpd aveva almeno il 10% dei voti, nel 1932 ebbe ben cento deputati e, alle elezioni presidenziali, Thaelmann aveva ottenuto il 13,2% dei voti (a fronte del 30,1% di Hitler).
Thaelmann, che nell’ottobre 1923 aveva diretto il tentativo rivoluzionario ad Amburgo e che nel 1928 a Berlino aveva promosso una manifestazione di centomila miltanti, per cercare l’unità rivoluzionaria con gli operai socialdemocratici. Il tentativo fallì, anzi, l’anno successivo, durante degli scontri avvenuti nel corso di una manifestazione, trentadue dimostranti comunisti vennero uccisi dalla polizia.
Con l’arrivo al potere di Hitler, Thaelmann fu arrestato e segregato fino alla sua deportazione a Buchenwald. Nel 1944, quando la sconfitta nazista si profilava, fu ucciso per ordine di Hitler. Su www.homolaicus.com c’è una sua biografia.

Si è detto dell’ incendio del Reichstag, pretesto utilizzato da Hitler, allora cancelliere, per spingere Hindemburg ad accettare il decreto che aboliva le libertà civili ed avviava la repressione degli oppositori. Oltre all’olandese, pare squilibrato, di simpatie rivoluzionarie Marinus Van Der Lubbe, venne incriminato il bulgaro Georgi Dimitrov, dirigente del Comintern per l’Europa occidentale, già organizzatore dei comunisti in Serbia, Austria e Berlino.

Durante il celebre “Processo di Lipsia", tuttavia, Dimitrov fronteggiò con coraggio le accuse, parlò contro il nazismo, rese il tribunale una tribuna di propaganda e smontò tutte le accuse contro di lui. La risonanza che ebbe il processo e l’imbarazzo per i nazisti fu tale che egli venne prosciolto e liberato. Fu dunque a Mosca, acquisì la cittadinanza, venne eletto deputato del Soviet supremo. Nel 1944 tornò in Bulgaria e diresse la resistenza. Al termine della guerra divenne primo ministro, poi presidente del Partito Comunista Bulgaro. Teorizzò una federazione socialista dei Balcani, iniziando a formulare quella che poi sarebbe diventata la teoria delle “vie nazionali al socialismo”.

Se non sbaglio, Churchill disse, durante il processo di Lipsia, “c’è un solo vero uomo, attualmente, in Germania, ed è un bulgaro”.

Andrebbe inoltre ricordata l’ Orchestra Rossa, rete di spionaggio diffusa in Germania ma non solo, diretta, tra gli altri, dall’economista Arvid Harnack, dal tenente dell’aeronautica Harro Schulze-Boysen (entrambi morti nel 1942, insieme ad almeno altri trenta appartenenti al gruppo berlinese dell’organizzazione) e dal comunista ebreo polacco Leonard Trepper. Scoperta e schiacciata nel 1939, venne ricostruita ed ebbe ruolo importante anche durante la guerra.

Altra figura del comunismo tedesco attiva contro il nazismo fu Josef “Beppo “ Roemer. Già militare dei freikorps, poi passato al Kpd, organizzò il Sozialistische Front, che tentò cospirazioni ed attentati contro Hitler e fu attivo contro il regime. Deportato a Dachau nel 1939, Roemer fu ucciso nel 1944.
Assolutamente da leggere lo scritto di Alberto Berti “La Resistenza tedesca” in www.recsando.it, raggiungibile anche da www.resistenzaitaliana.it , in cui, oltre a Thaelmann, all’Orchestra Rossa e a Roemer, si parla anche di Uhrig e Saefkov.

In “25 aprile…” Gfm scriveva “Nostalgico era persino convinto che sulla resistenza tedesca non avessi nulla da dire, invece ho appena cominciato”(23/5 3:26pm).
In realtà, l’ultimo suo intervento, in verità poco rilevante e che non fornisce dati particolari, eccetto il riconoscere come il Kpd avesse 300.000 aderenti e la Sapd (leggi Sap) un decimo, in “La pagina nascosta…”, è del 19/5…

Il 24/5 6:13pm sempre in “25 aprile” scriveva “ecco, dai, fai il bravo, comincia a rispondere sulla pagina nascosta della resistenza tedesca, sulla germania c’è molto da dire”.

Spero basti.


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Nostalgico




Dettaglio d'importanza relativa.
La poesia attribuita a Bertolt Brecht è in realtà opera del pastore luterano Martin Niemoeller. Esiste in diverse varianti.
In effetti la prima versione scritta risale al 1976, ma è probabile che avesse utilizzato quelle parole durante qualche sermone e, anche per via della sua facilità di memorizzazione, essa si fosse già ampiamente diffusa.

p.s.: in "I neofascisti e la democrazia" scrivevi di Hans Schmidt:
"La SAPD si staccò dal KPD da posizioni internazionaliste e antistaliniste e condusse una feroce lotta partigiana fin dall'inizio del potere hitleriano, molti morirono nei lager nazisti e molti combatterono nei gruppi partigiani di tutta europa. Un nome solo é emblematico, Hans Schmidt, soldato della Wehrmacht a Reggio Emilia, che forma un gruppo clandestino nella sua unità militare e prende contatto con i partigiani italiani per prendere prigionieri alcuni ufficiali del suo comando.
Scoperto per una spiata (si dice fatta da stalinisti) muore fucilato con altri quattro compagni della sua unità.
La storia di Schmidt guarda caso non é mai stata citata dalla storiografia ufficiale della resistenza italiana."

Non è che cominci ad essere un po' un'ossessione, questa degli stalinisti che ammazzano o denunciano tutti? E che occultano tutta la verità?
Chissà, magari qualcuno è stato davvero ucciso dai fascisti...

Verifica la questione Sapd-Sap-Kapd, quando puoi, per toglierci i dubbi. Quello che ho trovato l'ho scritto. L'unica Sapd era quella nata nel 1875 a Gotha, ad opera di August Bebel, e divenne Spd nel 1890. La Sap (o Sapd), esistente durante il nazismo era l'ala sinistra della Spd, nata nel 1931. Dalla sinistra del Kpd si separò, come scritto, la Kapd, di area "rivoluzionaria", nel 1920, ma scomparve in pochi anni (del resto Schmidt era nato nel 1914).

Non so se davvero non si parli di Schmidt, nei testi sulla storia della resistenza (immagino ci fosse nel testo che trovai nella sezione del Pci, cui ho accennato).
Va bene che per te la resistenza in Italia fu "infinitesimale", "meno importante della tedesca", eccetera, ma, con tutto il rispetto e l'ammirazione per un antifascista che io posso avere, forse non c'è stato solo lui, a combattere, quindi è possibile che la sua singola storia venga omessa, come viene omessa quella di tanti altri partigiani ed antifascisti.
E questo senza che nessuno ci trovi complotti, occultamenti, censure staliniste...


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Nostalgico
 
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Elpidio Valdes
CAT_IMG Posted on 1/3/2009, 02:43




Notevole Nostalgico, davvero complimenti (e non sono ironico).

Grazie anche per l'informazione sul reale autore della poesia che mi era stata messa sulla mia scrivania, spero che la ricerca non ti sia costata molto (qui si che sarei un poco ironico).

Le cifre che ho scritto sulla distribuzione delle forze nelle diverse formazioni comuniste tedesche sono quelle, avendole scritte io sono la dimostrazione che non ho detto che il KPD fosse una minoranza...ho detto che la sua direzione era sostanzialmente diretta dall'estero e che i suoi militanti erano allo sbando...diciamo anche un poco sorpresi visto l'accordo tra URSS e Hitler che tu invece surclassi come fosse cosa da niente.
Di più, paragoni quell'accordo alle alleanze tra inghilterra e germania (ve ne erano pure tra inghilterra e italia fascista se é per questo), quasi ignorando che la visione del mondo dei comunisti era ben differente almeno allora da quella delle democrazie borghesi. Fu proprio la rivoluzione russa a rivelare quanti accordi e controaccordi, ufficiali e segreti, siano in grado di stipulare questi sistemi (cfr J.Reed "i 10 giorni che sconvolsero il mondo") alleandosi con uno stato mentre già lo si sta tradendo con l'altro. Tutto alla faccia dei principi democratici.

Poi insisti con il dire che per te é "resistenza" solo quella che arriva ad azioni armate, esattamente in quella logica guerresca che tu rivendichi e che gli internazionalisti denunciavano già allora. Forse che organizzare fogli clandestini, gruppi nelle fabbriche non é resistenza? Lo era al punto tale che migliaia furono scoperti e uccisi, in tutto il periodo del potere hitleriano...e ne furono uccisi più che in Italia. Certo lo Stato nazista era molto più efficiente nell'operare la repressione e poi fece un intervento generalizzato contro i comunisti da subito e fu questo, penso si possa dire, che impedì l'organizzazione di una lotta armata.
Ah lo so bene che volontari del kpd partirono per la Spagna...partirono sempre nella logica del comando russo del partito. Come mai non hanno combattuto dentro la germania? Questo é il punto.

Comunque, nella sostanza tu neghi che la pagina della resistenza tedesca sia stata nascosta...bé sai, io ho 50 anni, non so quanti ne abbiano i frequentatori di questo forum, ma io sono cresciuto in un clima (anche a sinistra) nel quale dire nazisti e dire tedeschi era tutt'uno, era la stessa cosa.
Davvero questo occultamento l'ho visto solo io? C'é qualcun'altro?


Collotti ne ha parlato é vero, ma intanto chi lo sa? Quale riscontro é stato dato al fenomeno (libri, film, dibattiti, comizi)...Collotti di fatto ne ha parlato per sostenere una cosa che non ha riscontri (dai dati che possiedo io), cioè che la resistenza tedesca sia stata sostanzialmente diretta dal KPD. IO ho scritto che anche chi l'ha fatto da militante KPD l'ha fatto al di fuori del comando del partito, che essendo diretto dall'estero trovava appunto più utile andare in Spagna.

GFM

PS
No, era proprio il SAPD, dal quale confermo uscì Willi Brandt (ma su questo tornerò più avanti).
Chiedo scusa se a differenza di Nostalgico ho poche fonti sulle quali contare, ma é a causa della pagina nascosta.
Quei manifestini e volantini del Partito Comunista Internazionalista devono essere riletti alla luce dei tempi, pieni di retorica (come d'altronde erano pure quelli delle altre organizzazioni) ma anche di verità ed analisi.


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GFM



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rispettoso ha scritto:
gieffeemme ha scritto:
E tu mi dici che io e Nostalgico diciamo cose simili, non é così.
Sui fatti non c'e' disaccordo, e secondo me non c'e' disaccordo neanche sull'interpretazione. Semplicemente Nostalgico (mi corregga se ho mal interpretato) sorvola (o giustifica) alcuni fatti, quali il massacro di comunisti che accompagnava ogni cambio di rotta.

Poiché questi cambiamenti (voltafaccia sarebbe un termine più appropriato) erano spesso vere e proprie inversioni di rotta, bisognava incolpare qualcuno della strategia che veniva abbandonata. E poiché il Grande Timoniere, per definizione, non poteva sbagliare, l'errore andava scaricato sulle spalle di qualcuno.
L'aver obbedito fedelmente ad una linea politica, ancorché suicida, non costituiva in questi momenti un punto di merito. Al contrario, rendeva più facile trasformare la cieca ed assoluta obbedienza in uno spregevole, sordido, vergognoso tradimento dall'interno della Rivoluzione Bolscevica.

Questo accadde, all'interno, sia con l'abbandono della NEP che con la collettivizzazione delle campagne. All'esterno, con i periodici cambiamenti di strategia del Comintern (nessuna alleanza con i partiti socialisti, perché borghesi > alleanza a qualunque costo con qualunque partito di sinistra, pur di fermare i partiti di destra > patto nazi-sovietico).


A parte che un milione di arrestati é un dato sul quale chiedevo a te di riflettere, e agli altri. Ci sarebbe stata una significativa resistenza armata (e credo che in Italia prima del 43 fosse improprio chiamarla tale) se anche nel resto d'Europa ci fosse stata una repressione di tale dimensione? Non é corretto fare comparazioni senza valutare le discriminanti.

Però mi rendo conto che non sono riuscito a rendere conto dello snodo che si é creato con la vicenda tedesca (fin dalla Luxemburg), non é questione di sorvolare o meno su di alcuni dati, ma di cogliere l'inversione di prospettiva della politica russa (tornata "grande russa") nonostante si utilizzassero ancora alcuni slogans comunisti. Il travisamento della prospettiva internazionalista e l'avvento del capitalismo statale (di cui in effetti la NEP é stata precursore, ma per altri scopi) non é sfumatura o abbaglio del timoniere, ma cambio di rotta politica, é qui la differenza Rispettoso.

Nella mia lettura dei fatti, i PD di oggi sono il prodotto di quei fenomeni di ieri (passando dai Cossutta e dal PCI partito russo, da Berlinguer e dai DS).


Poi so bene che la storia non é lineare e che un sacco di brava gente ha fatto parte del PCI, ma la parobola é quella ed é coerente, del tutto divergente dalla prospettiva nella quale personalmente mi colloco (se può interessare, perché ho coscienza di essere minoranza). Magari poi sbaglio io, ma la distanza é incolmabile.


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GFM
 
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