A Bela Kun: anche senza aver letto il tuo intervento (l’hai mandato mentre scrivevo il mio e l’ho visto dopo averlo spedito), sulla questione Pcf penso di aver già risposto.
Sono d’accordo, infatti dicevo di poter essere “indulgente” (tra virgolette) verso atteggiamenti paternalistici, retorici e un po’ingenui verso gli stranieri, immigrati, eccetera, molti anni fa. Certo la direzione non poteva non avere le idee chiare, Infatti era implicita, credo, la mia critica all’atteggiamento tiepido e ondivago del Pcf sull’Algeria, eccetera. Ne so poco, conto di approfondire.
Circa il Pci, aspetto l’articolo (lo scrivo senza polemica).
Non so quanto all’epoca ci fosse controllo sugli articoli (era pur sempre il 1966, quindi già c’era un po’meno censura e rigidezza, al giornale, credo), certamente c’era ma magari era lo “sfrondone“ del giornalista, o le notizie che arrivavano deformate e non c’erano fonti alternative. Penso che le sole comunicazioni in quel caso (si trattava di fati che avvenivano negli Stati Uniti) venissero da agenzie statunitensi.
Poi sicuramente, in generale si sapeva della situazione dei neri negli Stati Uniti, ovvio, quindi con un po’di immaginazione si poteva capire che dietro gli scontri ci fossero proteste dei neri contro la segregazione e quindi che tali proteste, violenze, eccetera, fossero più che giustificate.
Ripeto che, sicuramente, un’affermazione come quella riportata è certo ottusa e totalmente condannabile. Concordo in pieno.
Comunque, andrei anche a guardare globalmente le posizioni del partito e del giornale, non solo il singolo articolo o lo scivolone di un giornalista.
Sull’atteggiamento da pompiere del Pci, specie verso l’”estrema sinistra” italiana, o già scritto qua e là.
Il Pci certo aveva una visione “conservatrice”, di “partito d’ordine”. Era riformista e prudente, temeva "fughe in avanti" (a voler guardare dall'altro lato, si può dire che era opportunista e venduto). Inoltre temeva infiltrazioni nei movimenti di protesta, provocazioni, tentativi di creare occasioni per destabilizzare, oltre a qualunque "avventurismo" o "estremismo".
Inoltre, le proteste e le posizioni dei movimenti studenteschi, dei gruppi degli anni Settanta, erano anche contro il lavoro salariato, il Pci, la mentalità borghese e conformista, eccetera. Magari poi riporto un mio vecchio intervento dal forum dell’Uaar. Come scritto anche da qualche parte su giovaninternazionalsti, il Pci talvolta non capì le proteste e istanze giovanili, le respinse come piccoloborghesi e individualiste, eccetera.
Da parte dei giovani c’era una spinta anarcoide in cui la rivolta contro la società dell’epoca poteva tingersi di ribellismo, “diciannovismo”, eccetera. Fra i vari testi che ho letto a riguardo, il libro della Annunziata “1977” mi sembra molto lucido, al riguardo.
Anche “Rose e pistole” di Cappellini (Sperling&Kupfer) è interessante.
Oggi come oggi, posso dire di essere dalla parte del Pci all’80%. Ma su certe cose non mi sento di prendere posizione oggi. Anche sulla cacciata di Lama dalla Sapienza ho qualche difficoltà. E lo dico oggi, nel 2008, figuriamoci trenta e più anni fa, mentre quelle cose avvenivano, come sarebbe stato difficile capire da che parte fosse giusto stare. A parte il fatto che non è detto che si dovesse necessariamente scegliere l’uno o l’altro.
Intendo solo che cerco di capire cosa muovesse gli uni e gli altri, i punti di vista di entrambi, eccetera.
Circa il fatto che scrivi che secondo te il socialismo reale non c’è mai stato.
Magari era una battuta, un gioco di parole. Io intendevo “socialismo reale” appunto nel senso comune, quello “realizzato”, ovvero i paesi dell’Est.
Peraltro, sappiamo bene che la definizione era spesso utilizzata in senso negativo.
Per me non c’è problema a dire che il “reale socialismo”, cioè quello con la S maiuscola non c’è mai stato. Non ho mai detto che al’Est ci fosse socialismo o comunismo o altro.
Anche perché, in effetti, poco m’importa. Sono anche un po’provocatorio, ma quello che c’era a Mosca, a Berlino est o a Cuba, non m’importa molto classificarlo.
Chiamiamolo stato operaio degenerato, chiamiamolo capitalismo di stato (con forte stato sociale), chiamiamolo dittatura populista (vedi Cuba), poco cambia.
Pragmaticamente, quello che conta è quello che significava. E, fatti i pro e contro, mi va bene.
Poi certo, la perfezione non è di questo mondo. Perché non c’era stata una rivoluzione mondiale, certo, ma soprattutto perché, come scrivo anche nella discussione che ho aperto “Socialismo e realtà”, il problema di fondo è che il materiale con cui si costruisce, ovvero gli uomini, è di qualità scadente.
Anche qui e nella discussione sul razzismo all’Est, ho detto chiaramente di poliziotti corrotti, gente ottusa e razzista, eccetera.
Per non parlare di dirigenti e amministratori.
Il problema è sempre “chi controlla i controllori??”.
A Elpidio: su Cuba siamo perfettamente d’accordo.
Scusa, non intendevo dire che Castro fosse diventato “comunista” per opportunismo. Se ben ricordo, era un avvocato di idee radicali, progressiste, democratiche, puntava alla lotta al latifondo, alla fine delle ingiustizie sociali, alla liberazione dal controllo statunitense che aveva reso Cuba un paese metà casinò e metà bordello. C’era molto Bolivar e Josè Martì, nel suo pensiero, ma sicuramente conosceva e non era insensibile al marxismo.
Quasi sicuramente sarebbe arrivato lo stesso a dirsi socialista o comunista.
O forse non lo avrebbe detto apertamente (aveva già abbastanza problemi con gli Usa comunque) se non avesse stretto legami e accordi economici e politici con l’Urss. Solo ipotesi, ovvio. Per me ha fatto benissimo come ha fatto.
Peraltro aveva preso il potere a soli trentatre anni.
Il lungo brano circa la “dittatura del proletariato” a Cuba mi pare tu l’abbia aggiunto in seguito.
Non so se fosse destinato a me o a Bela Kun.
Confermo: va bene così e basta. Con gli Usa a poche miglia (per non parlare di Guantanamo) non si poteva fare altro.
Peraltro è vero che Cuba era un paese di latifondisti reazionari, razzisti, eccetera.
Pugno di ferro e carcere duro, altro che chiacchiere.
Poi certo, errori, eccessi, abusi, ingiustizie, ci saranno state, e ci saranno ancora. Ma insomma, che ci provino quelli che sparano a zero e la criticano (non mi riferisco a te, Bela, è chiaro) a fare meglio…
Un’amica della mia compagna era stata novizia in un ordine di quelli strapoveri ed aveva trascorso qualche anno a Cuba, una decina di anni fa. Vi torna regolarmente (anche se non ha più preso i voti) ed è sempre i contatto con diversi cubani. Peraltro ora è insegnante in una scuola media molto difficile, è impegnatissima su questioni e attività per gli immigrati, è cristiana ma vota Rifondazione. Ha idee parecchio pauperistiche ed è molto coerente con esse. Non male, insomma.
A sentirla parlare, fatti i conti, va bene. C’è povertà, mancano molte cose, ma poi a fare i conti, nessuno muore di fame, la gente è proprio come la si immagina, la polizia in teoria deve contrastare chi coltiva qualche verdura per rivenderla, ma in effetti chiude un occhio e lascia fare (e ci mancherebbe).
La sanità è eccellente, la scuola anche. Insomma si va avanti con grande dignità.
Le condizioni di vita sono incomparabili con quelle degli altri paesi dell’America latina.
Lei lamenta anzi che alcuni conventi e simili (non il suo) hanno fin troppi lussi e comodità che le persone normali non hanno.
Poi, ogni volta che ci racconta, dice che c’è poca libertà, la polizia controlla, non ci sono elezioni, eccetera. Ma mi pare lo dica per dovere, per abitudine, più che per convinzione. Alla fine ammette che è comunque necessario e che è decisamente meglio così che niente.
Sui gay sono d’accordo. E’vero che c’era repressione, come anche in altri paesi dell’orbita sovietica. E’del resto giusto ricordare, per attenuante, che l’omosessualità era posta nell'elenco delle malattie mentali dall’American Psychiatric Association fino al 1973, quando iniziò un percorso che giunse, alla fine degli anni Ottanta a depennarla da esso. Solo nel 1990, l’Oms l’ha definita come semplice “variante del comportamento sessuale umano”.
Cuba era praticamente Terzo mondo, cultura cattolica, arretrata. Quindi non si poteva sperare che Castro fosse "illuminato" e si ponesse all’avanguardia dei diritti dei gay, in anticipo su tutto il mondo. Certo, sarebbe stato meglio.
Guevara mi pare avesse alcuni pregiudizi, uniti a una ironica indulgenza, verso i gay. Mi pare di ricordare un episodio in cui disse, riferendosi a un omosessuale “è omosessuale ma è in gamba” o qualcosa di questo tenore.
Ripeto, per quanto riguarda i diritti dei gay, la sinistra si è svegliata solo pochi anni fa.
Non sapevo che ora matrimoni gay e coppie di fatto siano legali a Cuba.
Sei sicuro?? Mandami fonti e dati, se puoi. E’un notizione!!
Su tutto il resto su Cuba, come detto, non ho nulla da eccepire. Si è fatto quello che era necessario, nel bene e nel male. Questa è la realtà e basta. Poi si è sempre in tempo a migliorare, ci mancherebbe. Così come è sempre giusto ammettere i propri errori e fare piena luce.
Ma sempre stando attenti a non fare, involontariamente “il gioco del nemico” e prestare il fianco ad attacchi…. Certe critiche se le facciamo “noi” va bene, se le fanno “loro” no… Penso di essermi spiegato.
Sarà scorretto, lo so, ma che ci posso fare?
Sull’idealismo. Niente da ridire. Certo, tutti noi abbiamo un mondo ideale e vorremmo divenisse realtà. Si fa il possibile, in quella direzione.
Si è però, ovvio, anche realisti, ragionevoli, concreti.
Una cosa può essere giusta “in assoluto”, come ideale, ma non esserlo in questa realtà, ovvero non essere giusta da praticare e tentare già sapendo che finirà male.
Non si può cercare sempre di fare una rivoluzione perché ”è giusto”, sapendo che significherebbe far massacrare la gente e poi, porterebbe a nuove repressioni, giro di vite sui diritti, messa fuorilegge di partiti e sindacati, repressione, eccetera.
Il discorso dell’Italia del 1945, su cui ho scritto un po’dappertutto.
In generale, essere realisti e pragmatici (entro un certo limite, ovvio, altrimenti dovremmo andare tutti nel Pd), anche solo per non sprecare il nostro tempo come persone, è la sola risposta.
Intendaimoci, questo vale in entrambe le direzioni.
Essere realista e pragmatico, per quanto mi riguarda significa anche che ora sto co Sinistra Critica, guardo con interesse alla Nuova Sinistra Anticapitalista Francese e al Bloco de Esquerda Portoghese (il simbolo di Sc con la stella che è anche un omino stilizzato è ripresa da quest’ultimo) e, probabilmente, alla coalizione Syriza greca.
Intendiamoci, sono tre situazioni diverse.
A parte la Francia, dove il Pcf è ormai ai minimi termini, in Portogallo e Grecia i Partiti comunisti (i più “vetero” e ortodossi d’Europa) hanno ancora un discreto peso.
Ma anche al di là di questo, se dovessi andare “dove mi porta il cuore” dovrei essere con il Pcp o il Kke.
Eppure, volendo essere concreto, trovo più sensato ammettere che la realtà cambia, che non è quella che vorrei, che è più sensato accettare che oggi serva qualcosa di nuovo, come programma, forma organizzativa, modalità, nomi, linguaggi, simboli.
Se si vuole fare qualcosa di concreto e non limitarsi a “coccolarsi” nelle proprie memorie e fantasie (e io ne ho da vendere, ovvio, con un nome come il mio) e non si vuole restare a svolgere solo un, dignitosissimo, ruolo di “testimonianza”.
Intendiamoci, in un percorso nuovo e una fase diversa dal passato di errori se ne fanno e se ne faranno. E a me non è che entusiasmi a stare insieme a gente dell’Lcr e di Dp. Ma siamo nel 2008, che ci piaccia o no.
Quindi, non rinnegare il passato, non disprezzarlo e non dimenticarlo. Ma anche non restarne prigionieri. Vale per l’oggi, ma penso valga per tutti i passaggi avuti nel XX secolo (che continuo a considerare come “il mio” secolo).
Si fa quel che si può.
Chi ha paura delle critiche e degli sbagli se ne resti a casa e stia tranquillo che sbagli non ne farà (e potrà divertirsi a criticare gli altri…)
Sulla burocrazia siamo d’accordo: imbelle, ottusa, egoista, corrotta, anche reazionaria (certo era “conservatrice”, volendo mantenere i propri privilegi). Tutto quello che vogliamo.
Posso concordare con le tue riflessioni sul delegare, su chi debba gestire il potere, eccetera.
Il solito problema “Chi controlla i controllori??”.
Come scrivo anche in “Socialismo e realtà”, il problema è la scarsa qualità (a mio avviso) del materiale di partenza.
Poi, certo, a maggior ragione, “il potere logora”, chi ce l’ha e chi non ce l’ha…
Bela ha certo presente la discussione su Gramsci.
http://giovaninternazionalisti.forumcommun...net/?t=21435438Non mi ci sono addentrato, ma ho letto il testo indicato e fondamentalmente lo condivido. Ricordo anche un articolo sul Calendario del Popolo (di cui ovviamente sono un abbonato e affezionato lettore) sullo stesso argomento.
Certo non è su internet, ma appena lo ritrovo, scrivo indicazioni su numero e autore.
Per quanto mi riguarda, Socialismo e Comunismo con la maiuscola, come venivano immaginati ed ipotizzati anche da Marx ed Engels, sono utopia.
Nei paesi in cui, in un modo o nell’altro, si è preso il potere, si è cercato di fare quello che era possibile e che più si avvicinava loro, come forma e come effetto (in Venezuela non c’è un sistema da “socialismo reale” alla cubana, ma quello che si sta facendo da comunque benefici e risultati concreti, magari precari, contraddittori, labili, derivati da un sistema verticistico, ma tant’è: questo passa il convento).
Dio che casino ‘st’intervento!
P.s.: la scena di dieci cinesi incazzati fuori dall’ascensore è da brividi.
Neanche nei film di Jackie Chan!!!