Tifiamo Rivolta

" Non risplende più il sole che scaldava la povera gente, Sta cambiando l' aria il vento dell' Ovest non si fermerà...

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nostalgico
CAT_IMG Posted on 12/12/2008, 16:15 by: nostalgico




A Bela Kun: non considero l’Urss o un altro paese democratico perché non vi nascono bande ed organizzazioni naziste o perché esse siano represse.
In generale, non considero l’Urss e compagnia paesi “democratici” nell’accezione comune. Questo non è un problema perché non credo nella “democrazia” come valore in sé: dipende da tempi e luoghi e anche dall’alternativa che si avrebbe ad essa.
Semplice pragmatismo. Fra fascismo e democrazia (ovvero, semplifico, libere elezioni, garanzie democratiche, libertà di associazione, propaganda, eccetera) preferisco la democrazia. Fra “socialismo reale” (quindi non lo definisco, e non m'interessa farlo, comunismo, socialismo, o altro) e democrazia, preferisco il primo.

Questo perché la “democrazia” in Urss ha portato tutto ciò che ha portato, incluso lo sviluppo dei gruppi neofascisti e xenofobi.
Non ho mai mitizzato l’Urss, non sono così sciocco. Il paradiso non esiste in cielo figuriamoci sulla terra.

Certamente il razzismo è funzionale al capitalismo (separare i lavoratori, creare un capro espiatorio, distrarre dai veri problemi) e certo esso ha interesse a fomentarlo e incoraggiarlo con la propaganda politica, i mass media, eccetera.
Tuttavia credo che comunque esso possa nascere a prescindere, fra le persone, per ignoranza, paura, povertà. E’difficile dire dove finisca l’aspetto strutturale e cominci quello sovrastrutturale.

Mai detto che in Urss non ci fosse razzismo. Riporto quanto scritto prima:
“Al di là dell’antisemitismo, anche elementi di disprezzo e discriminazione verso la popolazione non russa permasero, a livello popolare, anche in Urss. Del resto, lo stesso governo, per cementare e rafforzare l’unità del paese, continuò il processo di russificazione forzata, già avviato in epoca zarista. (…)Sicuramente, diffidenza ed episodi di discriminazione, magari violenze, accaddero. Tuttavia, ritengo che il rigido sistema di controllo poliziesco scoraggiasse tali azioni, come scoraggiava efficacemente il crimine in generale.
Questo sempre nei limiti di un paese immenso, con decine di migliaia di funzionari, agenti ed ufficiali di polizia, corruzione, retaggi di un paese comunque passato repentinamente dal medioevo alla modernità, eccetera.
Non basta lo spazio di due generazioni a cancellare del tutto retaggi reazionari, mentalità ottuse e sentimenti razzisti e localisti durati secoli.

Naturalmente, nelle aree “periferiche”, quindi abitate da etnie non-russe, è difficile che episodi di discriminazione potessero avvenire.

C’era certo ostilità verso i gruppi e le popolazioni arretrate, per i loro costumi e mentalità, certo era possibile vi fossero venature di razzismo o disprezzo nei loro confronti. Esse venivano magari considerate come rozze, ignoranti, poco abili nel lavoro, passive, eccetera, insomma tutto quello che in Italia si dice dei meridionali.”


Non ho approfondito la questione del Pcf che separava le lotte dei lavoratori francesi dai nordafricani, ma ne ho sentito parlare, come mi pare anche fosse stato ondivago e tiepido sulle questioni della decolonizzazione. Approfondirò.

Circa il paternalismo del Pci verso le persone “di colore” è indubbio che vi potese essere.
Ricordiamo comunque che parliamo di anni in cui la società multiculturale non si sapeva cosa fosse, di immigrati non ce n’erano, contatti diretti erano pressoché impossibili, c’era certo paternalismo, un’idea magari involontaria di superiorità.
E'possibile che ci fosse, insieme all'idea internazionalista "proletari di tutti i paesi, unitevi" una forma di attrazione per l'"esotico" che sottintendeva un'idea di "diversità" , con o senza connotazioni negative.

Persino Marx, mi pare, si riferiva a Lassalle come a "quel cafro" e sono note alcune sue corrispndenze con Engels piuttosto sarcastiche sugli "urninghi" (termine desueto per indicare gli omosessuali).
Non giustifico né lui né i comunisti di un tempo, cerco di porli in proporzione alla loro epoca e alla loro cultura. C'è sempre un margine di miglioramento per tutti. C'è oggi, figuriamoci in passato.

Comunque, su mandato del partito, Ilio Barontini, con altri, nel 1938 addestrò ed organizzò i ribelli etiopici contro le truppe coloniali fasciste. Non mi sembra poco, paternalismo o meno.

Lo stesso paternalismo e involontari atteggiamenti o idee hanno tuttoggi persone sinceramente non razziste. Che ne so, molti che sono attratti e ammirati da usi e costumi africani e hanno ancora un’idea stereotipata dell’immigrato dall’Africa. O anche chi affermi “sono migliori di noi”, affermazione in sé sbagliata, ma in buonafede.
Poi certo, c’è anche un residuo di mentalità caritatevole cristiana, talvolta.

E’un lungo lavoro che si deve fare su se stessi, verificare ogni volta i propri comportamenti, linguaggi, atteggiamenti, per superare dei residui inconsci di “discriminazione” (anche in senso positivo) che si possono avere.

Tornando all’Urss, ho una rara raccolta di scritti e vignette del "Krokodil", la sola pubblicazione di satira politica e di costume dell’epoca sovietica (niente di deflagratorio, ma derideva in modo abbastanza netto anche malcostume, burocrazia, disservizi, controllo poliziesco, vi assicuro). Vi erano tavole molto dure contro il razzismo del Ku Klux Klan, l’apartheid sudafricano, i regimi colonialisti.
Certo, era anche in funzione “antiamericana”, eccetera, ma credo fosse un atteggiamento sincero, nell’opporsi a discriminazione e razzismo.

La definizione di “giovinastri” dell'articolo dell'Unità è certo criticabile. Il Pci, comunque, non guardava con favore (in molti casi a ragione) ad atti di “teppismo”, violenza di strada, scontri, eccetera. Non so cosa si sapesse davvero circa quanto stesse accadendo in quel caso, forse la cronaca era basata su notizie di seconda mano, su quanto arrivava dai dispacci di agenzie, eccetera.
Era il 1966, non c'erano i canali d'informazione e le conoscenze che abbiamo oggi sull'America e sul resto del mondo.
Vorrei leggere l’intero articolo, comunque.

Il fatto del trotskismo credo fosse riferito a me.
A Elpidio Valdes: le mie attuali distanze dal trotskismo sono:
-Accettazione della teoria del “socialismo in un solo paese”: lì si era riuscita a fare la rivoluzione ed era "grasso che cola". Tentativi di esportarla (Polonia) erano falliti, così pure i tentativi insurrezionali in Germania con gli spartachisti o il biennio rosso in Italia.
Discorso analogo, in seguito, per la Spagna del 1936/1937 e l’Italia del dopoguerra (in Grecia si sa come andò a finire);
Cuba nasceva come semplice rivolta democratico-borghese-progressista (semigolpista, come nella tradizione sudamericana),poi è diventata per diverse ragioni, qualcosa d'altro, anche qui non m'importa cosa, e di molto meglio;
-Non mi aspettavo né invocavo una “rivoluzione politica” contro la casta burocratica parassitaria che gestiva i paesi dell’est. Budapest e Praga le vedo principalmente come rischiosissime avventure, generate da spinte differenti, che avrebbero spianato la strada al ritorno dei paesi in cui avvenivano (e non solo quelli) nell’orbita occidentale ed al capitalismo;
-Sono favorevole, a questo punto è ovvio, alla politica dei fronti popolari (con tutto ciò che ne consegue), dalla Spagna all’Italia del 1944-1945 e delle elezioni del 1948: quello si poteva fare e quello si poteva ottenere (riassumo in due battute, ora). Amen.

Per quanto riguarda la definizione dell’Urss come “stato operaio degenerato” ma sempre su base di classe (poi appena lo ritrovo, riporto magari un passaggio, inequivocabile circa le posizioni di Trotsky, da una lettera di critica a Bordiga), la sua difesa (di cui in è scritto anche “In difesa del marxismo” e nel “Programma di transizione”), chiaramente le mie posizioni coincidono fondamentalmente con quelle di Trotsky. Idem, egli, a parte i luoghi comuni, fu duro e spietato negli anni della rivoluzione della guerra civile, del tutto indistinguibile da Lenin o da quello che avrebbe potuto fare uno Stalin al suo posto.

Certo, poi criticò gli eccessi e gli abusi delle purghe staliniane e l’accentramento autoritario di Stalin e dei suoi “collaboratori” (anche e soprattutto per il danno che avrebbero potuto portare alla stabilità del paese e del sistema) e, anche su quello, fondamentalmente, posso concordare, a posteriori.

Circa la Cina. Non dimentichiamo che si tratta di una cultura molto differente, imbevuta di confucianesimo, collettività come valore supemo, elementi di "orgoglio" nazionale notevoli.
Non ci sono immigrati da altri paesi probabilmente, ma certo la supremazia dell'etnia maggioritaria Han sulle altre numerose etnie (anche diversissime fra loro per lingua, cultura, religione, tratti somatici e razziali) del paese porta con se elementi di razzismo e discriminazione.
Del resto la Cina è un paese a forte emigrazione interna e un cinese mongolo che emigri al sud per lavorare in una fabbrica o una contadina di etnia vattelapesca che vada a Pechino da qualche sperduta zona montagnosa lontana migliaia di chilometri subiranno, oltre il resto, discriminazioni per ragioni etniche, come avviene ovunque.

Appena ho un attimo ritiro fuori qualcosa di mio sull’Urss e sulla questione della democrazia e delle non-classi di cui diceva Alisio.
 
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41 replies since 25/11/2008, 00:10   778 views
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